Niscemi: nuova pista per l’omicidio di Antonio Barone

Creato il 14 settembre 2012 da Yellowflate @yellowflate

Foto Archivio

Caltanissetta,la Squadra mobile,  ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Vincenzo Pisano, 35 anni, ritenuto responsabile dell’omicidio di Antonino Barone, muratore disoccupato di 26 anni, avvenuto nell’ottobre del ’95 a Niscemi.

Sono passati 17 anni dal giorno dell’agguato e dopo accurate indagini il provvedimento è stato consegnato all’impuntato Vincenzo Pisano che si trova attualmente ristretto presso il carcere di Prato.

Pisano, sarebbe emerso da alcune indagini  all’epoca dei fatti ai vertici di Cosa Nostra, a Niscemi avrebbe agito con Antonino Pitrolo, Aurelio Campisi e il minorenne Giuliano Chiavetta per eliminare Barone, che era boss emergente della ‘Stidda’, l’organizzazione criminale avversa contro cui, come a Gela, era in corso una feroce guerra di mafia.

Il delitto avvenne in contrada Vascelleria. Antonino Barone fu sorpreso alla guida della sua automobile e ucciso con numerosi colpi di pistola calibro 38.

Accurate indagini avrebbero consentito di accertare che in quegli anni era in corso una guerra tra Cosa Nostra e Stidda Niscemese, pare, forse, per traffico di stupefacenti.

Pisano, riporta Agrigento Notizie,  sarebbe uno dei killer utilizzati per la famosa “strage della sala da barba” avvenuto a Gela il 21 luglio 1999, nella faida del 1999, che nel territorio gelese vedeva contrapposte due fazioni della stessa consorteria mafiosa di “cosa nostra” (gruppo Rinzivillo e gruppo Emmanuello).

Un forte impulso alle indagini deriva anche dalla collaborazione del killer niscemese Antonino Pitrolo, appartenente al clan di “cosa nostra” di Niscemi, che ha deciso di pentirsi dopo essere stato arrestato nell’ambito dell’operazione di polizia denominata “Imago Mortis” condotta dalla squadra mobile di Caltanissetta – con la gravissima accusa di essere l’esecutore di un triplice tentato omicidio ai danni di soggetti di gela legati alla stidda ovvero Salvatore Bacarella, Marcello Orazio Sultano e Salvatore La Russa, avvenuto il 18 marzo 1989.

La rilevante valenza di tale collaborazione trova fondamento nel fatto che Pitrolo aveva militato per moltissimi anni, rivestendo un ruolo di spicco all’interno dell’organizzazione, nel gruppo mafioso composto in prevalenza da soggetti di Gela (legati a “cosa nostra” e segnatamente agli Emmanuello), Niscemi (Calcagno, Arcerito, Francesco Amato inteso “cicciu pistola” ed altri), Mazzarino (Salvatore Siciliano, Angelo Tisa, Francesco Ghianda), San Michele di Ganzaria (Framcesco La Rocca inteso “ciccio” e Aldo La Rocca) mandanti ed esecutori di innumerevoli delitti, molti dei quali contrassegnati dal metodo della “lupara bianca”.
Le dichiarazioni dei collaboratori e altri elementi probatori raccolti hanno anche permesso di ricostruire il quadro generale, univoco e coerente, del momento storico in era stato eseguito l’episodio delittuoso.
Sono inoltre in corso ulteriori approfondimenti che consentiranno, in prosieguo, di fare luce su altri importanti delitti della c.d. guerra di mafia.

(Corsivo da Agrigentoweb)


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