Durata: 118'
La trama (con parole mie): siamo nel 1988, e a seguito delle pressioni internazionali il dittatore cileno Augusto Pinochet, che prese il potere con il golpe dell'11 settembre 1973 all'origine di un'ondata di violenze che sconvolse il mondo intero, autorizzò un referendum popolare che avrebbe chiamato i cittadini a scegliere se avrebbe dovuto continuare ad occupare la sua posizione, oppure no.Nonostante la possibilità di una scontata e schiacciante vittoria del si, i partiti dell'opposizione si rivolsero ad un pubblicitario emergente, Renè Saavedra, per dirigere la loro campagna sfruttando il quarto d'ora giornaliero a disposizione della promozione del no: l'uomo, al contrario di quanto si potessero aspettare gli esponenti della stessa opposizione, decise di basare l'impatto dei loro spazi sull'ottimismo per il futuro, invece che rivangare i drammi del passato.A cosa avrà portato questa scelta?E Pinochet ed i suoi avranno posto limiti di libertà di espressione - violenti o no - ai loro rivali?
Sono sempre stato molto sensibile riguardo l'argomento Cile e Pinochet, fin dai tempi in cui mi avvicinai con un certo interesse alla politica e alle evoluzioni sociali nel mondo e non solo qui nella Terra dei cachi e da quando Ken Loach confezionò uno dei migliori corti della raccolta dedicata all'undici settembre mostrando in una lettera aperta agli statunitensi appena feriti dagli attacchi al World Trade Center quello che era stato l'undici settembre cileno benedetto proprio dall'amministrazione a stelle e strisce e concluso con il golpe di Pinochet e la morte del Presidente Allende, uno dei personaggi politici più importanti e stimati dal sottoscritto di tutti i tempi.
Pablo Larraìn, dunque, partiva con un discreto vantaggio nonostante avessi detestato con tutto il cuore il suo Tony Manero, osannato dalla critica quasi ovunque e bottigliato selvaggiamente al Saloon, sfoderando un discorso importante allora come ora, quello della Libertà di un popolo e della Democrazia: non entro nel merito della questione del dittatore che soggiogò il Cile per quasi un ventennio per evitare di rubare troppo spazio alla pellicola, realizzata con un piglio quasi documentaristico - anche nello stile visivo - ed una tecnica invidiabile - ma questa era già stata mostrata nel succitato Tony Manero - da un regista giovane che non ha - giustamente - dimenticato quello che è stato uno dei grandi drammi della sua terra, vinto anche grazie al coraggio di una campagna che, invece che sprofondare nei tristi ricordi ha conservato come punto di forza la voglia di riscatto, di nuovo, di energia, di allegria.
Renè Saavedra, certo ben lontano dall'essere un eroe romantico in stile Guevara, affronta con le armi che ha a disposizione un Potere che non è soltanto costituito, ma oppressione, limitazione alla libertà, alla cultura, alla possibilità di pensare con la propria testa e cercare di costruire una società che possa garantire uguali diritti a tutti i suoi componenti, e proprio da ognuno di loro trarre forza e stimolo per continuare a migliorare: in questo senso la pellicola di Larraìn è importante anche rispetto a quello che tutti noi qui nella blogosfera ci divertiamo a realizzare ogni giorno, lasciando che la nostra voce percorra la rete permettendo confronti, discussioni, riflessioni.
Non sarà potente come altre sue rivali nella corsa alla statuetta per il Miglior Film Straniero, o favorita nella stessa, eppure coinvolge e tocca anche in vista delle imminenti elezioni politiche che chiameranno ognuno di noi alle urne nei prossimi due giorni: il ritratto di Pinochet fornito dagli spot elettorali curati da Saavedra - ed assolutamente fedeli agli originali -, infatti, ricorda - pur risparmiando a noi, qui, le torture, le morti e le sparizioni che dovettero affrontare i cileni - la figura di un certo "Presidente operaio" che ha sconvolto il Nostro Paese negli ultimi vent'anni minando non soltanto la Sua identità politica, ma anche culturale e morale.
Lungi da me fare campagna elettorale, o limitare la libertà di opinione chi ha intenzione, in ogni caso, si sostenerlo - spero quei pochi che bastino per non permettergli di tornare al potere -, ma la scelta di dire "NO", a volte, è importante per costruirsi un futuro migliore, che parta da principi non elitari e che non limiti quello che sarà il mondo che lasceremo ai nostri figli.
E' questa la battaglia che hanno combattuto, civilmente e con la testa ed il cuore, Saavedra ed i suoi compagni, vinta - e non ci sono spoiler, è un fatto storicamente testimoniato - grazie al desiderio di un domani almeno sulla carta migliore: è questo che ha mostrato il film di Larraìn, impegnato principalmente a testimoniare la sua umanità - splendido il rapporto conflittuale ed al contempo di collaborazione tra Renè ed il suo socio, sostenitore del SI -, caratteristica alla base di ogni progresso sociale e non solo.
Certo, non si tratterà di un Capolavoro, o di una pellicola destinata a cambiare la Storia - della settima arte e non -, ma a volte si sente davvero il bisogno di qualcosa che sia "operaio" davvero, e mostri quanto, da uomini e donne liberi, sia importante esprimere il nostro punto di vista, il nostro diritto ed il nostro dovere di conquistare il quotidiano con il cuore, la testa e l'esercizio dell'essere animali sociali.
Con questo spirito, io e il Saloon diremo sempre NO.
Per conquistare il diritto di poter dire SI.
Per quello che conta davvero. E non per quello che ci vorrà essere imposto.
MrFord
"El pueblo unido jamás será vencido,
el pueblo unido jamás será vencido!
De pie, cantar que vamos a triunfar.
Avanzan ya banderas de unidad,
y tu vendrás marchando junto a mí
y así verás tu canto y tu bandera
al florecer la luz de un rojo amanecer
anuncia ya la vida que vendrá."Inti Illimani - "El pueblo unido jamas sera vencido" -