Vabbe', diciamolo, alla fine non è che i commenti mi angustino più di tanto. Hanno smesso da tempo di essere una forma di comunicazione. Chi vuole ringraziarmi o mandarmi affanculo per qualcosa che ho scritto (nessuna delle due cose è obbligatoria) lo fa privatamente, chi vuole farmi sapere qualcosa di serio il modo lo trova.
P.S. Riflettevo anche su un'altra cosa, anch'essa non proprio una novità ma tant'è, mi piace arrivare ultimo. Sul fatto che gran parte della poesia è autoprodotta (usiamo un eufemismo) passando attraverso piccoli editori. I quali, insieme ai loro responsabili di collana (anche nomi di un certo rilievo) dovrebbero avere la responsabilità, lo scrupolo, di fare con qualche criterio una selezione di ciò che pubblicano. Cioè di fare il loro lavoro. Una cosa rara quanto i commenti. Ed il perché è ovvio. E' una delle poche attività commerciali che sorride al "produttore" girando il culo al consumatore. Ne deriva che gran parte della roba che circola è illeggibile (ma volevo usare un'altra scatologica parola che col culo è correlata) compreso un po' di quella che ho in questo momento sulla scrivania.
E questa è una delle ragioni per cui invece di fare la solita recensione ho messo un po' di parole in fila. Buona domenica. (g.c.)