
I riffoni lacerati e laceranti posseggono infatti quella sofisticata varietà da strutturare i lunghissimi brani, le melodie sono ispirate e ben pensate nel generare atmosfere ancestrali, tristi canti che non possono non rimandare a un’Irlanda assai più cupa di come è alcolicamente immaginabile di solito. Il growling potentissimo si incastra con soluzioni molto raffinate a clen vocals dal gran gusto teatrale, il ritmo è ovviamente lento ma devastante come l’avanzata di un carro armato, e quindi, per quanto gli 80 minuti di musica siano pressoché eterni, l’ascolto è sempre interessante, vario e ben lontano dal pericolo di monocorde monotonia, anche quando gli irlandesi si avventurano in territori totalmente acustici ma così espressivi e intensi da non sentire il peso della ripetizione e dell’ossessione sonora.
La lunga parte strumentale che spezza Enthics on the Prencipice o le tragiche accelerazioni di Dead Channel sono forse i momenti migliori di un album maestoso e imponente, che pur continuando a ricordare Anathema e My Dying Brinde per certe, inevitabili soluzioni con cui in fondo deve fare i conti l’intero movimento doom-death, risalta per personalità e solennità.