NO: Pablo Larraìn
Creato il 23 aprile 2013 da I Cineuforici
@ICineuforici
NO
(Usa, Cile, Mex 2012, 110 min., col., drammatico)
Pellicola
amara, molto amara quella di Pablo Larraìn in lizza come “Miglior film
Straniero” agli Oscar 2013.
È
la fine del regime di Pinochet con il referendum del 1988, il soggetto scelto
da Larraìn per il suo nuovo film, condito da salsa ironica. L’oggetto di
derisione, infatti, è proprio la politica: la politica delle adunate, delle
ovazioni, ma anche del mondo televisivo e (perché no?) del contemporaneo mondo
del web (fra le righe, s’intende…). La politica dell’oppressione di Pinochet si
spezza grazie al coraggio di uno spot elettorale proposto in televisione.
L’autore della campagna per il “NO” (alla dittatura)è il giovane pubblicitario Renée Saavedra
(Gael Garcìa Bernal) che, spinto dagli oppositori del regime, realizza uno spot
audace e in grado di coniugare lo spirito delle pubblicità alla drammaticità
della storia cilena.
La
storia è storia e come tale va raccontata, ma Larraìn non si sofferma alla mera
enumerazione dei fatti. Tutt’altro: i fatti sono il contesto, l’alcova della
sua sottile ironia, vero motore della vicenda.
Partendo
dal contesto temporale e spaziale, non si può non apprezzare la congiunzione
fra estetica e narrazione, fra la qualità dell’immagine e l’epoca in cui si
svolgono i fatti (1988). Qui risiede tutta la particolarità e la bellezza di NO. L’immagine è brutta, perché
"brutte" erano le immagine televisive degli anni ottanta.
Utilizzandole per fini estetici e narrative, acquistano nuova vita e nuova
freschezza: esse si mischiano alle immagini d’archivio presenti,
omogeneizzandosi in un fluido visivo e dal format televisivo. Esse calzano alla
perfezione! Per rendere ottimale allo spettatore la sensazione di essere negli anni ottanta, il
regista utilizza una macchina da presa dell’epoca. Come confida ai Cahiers du cinéma (n°687, marzo 2013),
egli ha utilizzato la cinepresa Ikegami del 1983 che ha in sé la caratteristica
di proporre immagini quadrate e colori desaturati.
Così
utilizzate esse diventano “belle”, non in quanto tali, ma all’interno del
contesto in cui sono inserite. Ecco come s’incastra, allora, il tassello dell’“ironia”
in NO: utilizzando la tecnica dell’immagini
quadrate e desaturate, essa s’intercala nel mondo nascente della pubblicità
moderna, ricca di sorrisi rassicuranti e di felicità. Come è possibile mostrare
uno spot con immagini allegre ad un popolo che ha subito le peggiori sevizie? A
questa domanda, posta da un oppositore di Pinochet, il regista e Renée
rispondono: mostrando ciò che vorrebbero vedere. Questa risposta è l’"amarume"
della pellicola: si vince con gli spot alla “Mulino Bianco”, non con un elenco
di atrocità e torture. Certo, il tutto è triste e lo sa anche Pablo Larraìn, ma
è qui che risiede la forza della pellicola vincitrice a Cannes 2012 della
Quinzaine des Réalisateurs.
Mattia Giannone
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