Titolo: Nobody owns me
Regia: Kjell-Ake-Andersson
Genere: Drammatico
Cast: Mikael Persbrandt, Tanja Lorentzon, Sten Ljunggren
2013
110 min
Il film narra la storia della povera Lisa alle prese con il divorzio dei suoi genitori. Tutti gli eventi sono filtrati attraverso il suo punto di vista di bambina abbandonata al padre senza ben comprendere cosa davvero stia succedendo. A questo si aggiunge anche il dramma di un padre alcoolizzato, con tutto quello che comporta.
Se la figura di Lisa è raccontata bene, fin nei minimi dettagli e le tre attrici che la interpretano lo fanno davvero bene, non possiamo dire lo stesso degli altri: nulla da dire sulle performance attoriali ma quanto ad approfondimenti psicologici siamo molto vicini allo zero. Forse l’unico un po’ approfondito è il padre, però neanche più di tanto. Quelli che risultano più risibili sono i nonni paterni, in particolare il nonno che passa il suo tempo a fare prediche a questo figlio alcolizzato, senza mai tentare di capirlo o aiutarlo, nemmeno quando finisce in ospedale. E ancora una volta è sempre il personaggio di Lisa che emerge, in quanto è l’unica, nel bene e nel male, che dimostra umanità e vicinanza a tutti quelli che la circondano, in primis a questo padre disastrato e immeritevole di tanta devozione. Lisa, ad un certo punto si stancherà e andrà dalla madre, tuttavia quando sarà grande troverà infine la forza di perdonare di nuovo il padre.
Quello che salta all’occhio in tutta questa storia è la completa assenza degli adulti che dovrebbero fare da supporto alla povera piccola Lisa. Di per se tutto questo ci va bene che venga raccontato per il suo realismo, quello che disturba è che alla fine il messaggio che ne esce fuori è che devono essere i figli a perdonare l’impossibile mentre i genitori no.
Tutto questo emerge dalla differenza abissale tra Lisa, che ne passa di ogni con questo genitore, supportalo in tutto e per tutto e trovando alla fine la forza di perdonarlo di nuovo, e il nonno della stessa Lisa, incapace di fare alcunché per il figlio. Ci sembra un messaggio un po’ retrogrado e pretenzioso. Se si parla di perdono, per noi, dovrebbe essere da entrambe le parti.
★★