Edoardo Leo, Stefano Fresi, Luca Argentero (Movieplayer)
Finalmente una commedia italiana che, pur con un avvio lento, per quanto funzionale alla presentazione dei personaggi principali, ed una durata forse eccessiva (che evidenzia qualche ingenuità, come certe insistenze relative al ralenti o all’uso della musica), riesce con intelligenza a smarcarsi dalla consueta serialità sentimentale o pseudo sociale d’accatto, encomiabile anche sotto il profilo puramente tecnico (è girata interamente in sequenza), idonea inoltre a rammentare, vuoi per l’alternanza fra toni amari ed ironici, vuoi per l’umanità espressa da un manipolo di perdenti accomunati da identico destino, evitando ogni accondiscendenza, le realizzazioni di Monicelli e Scola, pur senza azzardare prematuri confronti.
Argentero, Fresi, Leo e Claudio Amendola (Movieplayer)
Attraverso la voce narrante di Diego (Luca Argentero), mesto ed insoddisfatto impiegato in una concessionaria d’auto, con un padre morente che lo invita a tirar fuori gli attributi una volta tanto nella vita, si dipana con efficace scioltezza l’iter narrativo incentrato sulla conoscenza fortuita del suddetto quarantenne con altri due coetanei, la cui condotta esistenziale e lavorativa viaggia parimenti su insoddisfazione e fallimento: il coatto Fausto (Leo), truffaldino venditore di orologi patacca in televisione, e Claudio (Stefano Fresi), particolare mix di ansia e depressione, una separazione dalla consorte ormai prossima e sulle spalle il dissesto dell’attività commerciale di famiglia (risalente al 1910). I tre si ritroveranno a costituire una società per acquistare un casale ormai fatiscente in una località del Sud Italia, da restaurare e trasformare in agriturismo.
Argentero e Anna Foglietta
A loro si aggiungerà Sergio (Claudio Amendola), comunista d’antan, per il quale falce e martello rivestiranno un valore non solo simbolico, vista la sua prontezza a menare le mani, infatti il suo intervento sarà decisivo per fronteggiare la criminalità organizzata, fattasi viva per garantire “protezione”, dapprima nei panni del “manovale” Vito (Carlo Buccirosso), giunto a bordo di un’arzilla e canterina Giulia 1300, e poi man mano di altri personaggi, certo più inquietanti, cui i quattro troveranno idonea sistemazione. L’arrivo di Elisa (Anna Foglietta), chiamata da Claudio per dare una mano nelle incombenze domestiche, incinta e con tante delusioni alle spalle, in apparenza svagata e stranita, ma dolcemente determinata, darà finalmente il via, con successo, all’attività, anche se…
Carlo Buccirosso (Movieplayer)
Leo si rende cantore di una moderna e spigliata ballata, messa in scena attraverso la soffusione di dialoghi ironici (in particolare una volta che farà la sua apparizione l’impagabile Buccirosso), trovate anche geniali a loro modo (i ragazzi di Gomorra, che fanno il verso a loro stessi giocando con la playstation), e toni potenzialmente surreali, idonei comunque a delineare una valida metafora dell’attuale situazione socio-economica del nostro paese. Evidente, infatti, la sottolineatura della lotta scansata da più di una generazione, in particolare quella dei quarantenni/cinquantenni, che si è lasciata strappare sogni e reali aspirazioni in nome di certe assistenze/connivenze calate dall’alto a garantire sicurezza, mancando di coraggio nel cogliere opportunità o sfruttare quanto già a disposizione, per non parlare di chi ha preferito salire in groppa ad un sempre più diffuso senso di beata ignoranza o presunta superiorità sociale, delle quali fregiarsi come inedito valore e fiore all’occhiello.
Fresi (Movieplayer)
E’ una storia, come scritto a inizio articolo, intrisa di una forte umanità, dalla quale è facile lasciarsi coinvolgere, capace, almeno la riporto come personale sensazione, di far scattare un senso d’identificazione.
Il casale da rendere agibile, mantenendone sostanzialmente la struttura di base senza grossi stravolgimenti, diviene dunque non solo simbolo di un mondo a parte, ma si trasforma in una sorta di avamposto strategico dal quale avviare un’estrema resistenza a quanti intendano bloccare un progetto di rinascita, individuale e collettivo, “stringendo i pugni come quando siamo venuti al mondo”, riprendendo le parole di Diego.
Solo così, facendo leva su tale istinto primordiale, sarà possibile tenerci aggrappati alle nostre risorse interiori, unica ricchezza cui attingere mettendo al bando ogni timore impartito da un’educazione attuata per lo più come un’iconica sovrastruttura, impalcata in nome di convenzioni e rigidi parametri comportamentali.
Argentero (Movieplayer)
Conferisce poi inedito ed aggiunto valore a Noi e la Giulia il finale volutamente sospeso: in apparenza una nuova fuga, messa in atto nella parziale soddisfazione di aver comunque realizzato qualcosa di veramente valido, pur nella consapevolezza della condizione di “falliti”, ovvero di avulsi dal “normale” ed irreggimentato alveo sociale, ma anche una probabile marcia indietro, per riconquistare appunto quanto si è riusciti a costruire puntando sulle proprie effettive potenzialità, rafforzate dai valori dell’amicizia e della solidarietà.
La Giulia 1300 con a bordo i cinque losers, il cambio in folle in attesa che venga innestata la “prima” o la “retro”, diviene il simbolo di un’Italia, “diversamente giovane”, in altalenante sospensione fra rivoluzione repressa e supina accettazione dello status quo, la cui speranza è venuta a svanire di pari passo con la mancanza di fiducia, in se stessi e nei rappresentanti istituzionali (in sentore di reciprocità).
Leo
Il tutto viene espresso con (auto)ironia e disincanto, per un film che fa della leggerezza, perdonatemi il gioco di parole, la propria consistenza.
L’augurio è che Leo, per le realizzazioni future, si mantenga all’interno di tale doppio binario, sorrisi e toni riflessivi, consolidando ulteriormente, unendo la bravura dell’attore e l’intelligenza dell’autore, la lodevole capacità di inserirsi, rinnovandoli, fra i canoni della commedia all’italiana di un tempo, offrendo al pubblico un maturo coinvolgimento, lontano da gag “pronto cuoci” e clichés dai toni compiaciuti e palesemente ruffiani, standardizzati per ogni palato.