2 settembre 2014 Lascia un commento
D’altro canto Kennedy aveva promesso la Luna per la fine del decennio e perche’ Marte non avrebbe potuto essere alla portata dell’umanita’ per la fine del millennio?
Certo tutto era possibile ma lo sguardo disincantato di Dick stravolge l’idea vittoriosa della conquista che rese grande gli Stati Uniti e in fondo li caratterizza ancora oggi, invertendo il senso di marcia del successo e lasciando a meta’ una colonizzazione del pianeta rosso che tanto prometteva ma che non e’ esplosa mentre i nuovi abitanti restano ogni giorno a combattere contro la carenza d’acqua e di materie prime. La vita in fondo scorre ma le difficolta’ ci sono.
Qualcuno riesce comunque ad arricchirsi, i piu’ si arrabattano alle bene e meglio nella speranza di tempi migliori che ad un certo punto paiono arrivare se dalla Madre Terra sono in arrivo fortissimi investimenti che porteranno un benessere inaspettato e clamoroso, specie per coloro che sapranno accaparrarsi i terreni giusti nel momento giusto.
E’ qui pero’ che Marte si fara’ sentire, con la sua storia e col suo futuro, manifestandosi con bambini mutanti e nativi autoctoni.
Ebbene cio’ di cui parliamo e’ un Dick nel 1964 e se vogliamo pensare al giro di boa della sua carriera di scrittore ovviamente legata a filo doppio con la sua storia personale, "Noi marziani" e’ l’opera perfetta.
C’e’ la contro-utopia, non la definirei distopia, forse piu’ propriamente l’utopia fallita, specchio di un sentimento personale e nel contempo sociale. Si perche’ cio’ di cui ci troviamo do fronte e’ davvero tra i testi piu’ autobiografici della sua carriera e in qualche modo summa del Dick paranoico e pessimista, stati mentali che presto si mescoleranno indissolubilmente alla droga e al disagio che ben conosciamo.
Qui c’e’ tutto il Dick-universo letto prima e che leggeremo poi. Terre desolate da conquistare duramente, radiazioni, mutanti, precog, alieni e le malattie mentali. Poi Marte ovviamente ma non il pianeta rosso che i fissati anti maccartisti ripetono da decenni ma come si diceva, nei termini di terra di conquista che se aveva a che fare coi russi, era nell’idea di predominio che Bogdanov con "La setta rossa" e a seguire Tolstoj in "Aelita" poi, vedevano come trionfo di un’idea prima del predominio geografico di un luogo, ovviamente con Dick che ribalta tutto.
C’e’ ovviamente anche il sesso, il suo difficile rapporto con le donne, specie se mogli e una ancor piu’ complicata relazione con la propria mente che a stento e sempre con piu’ difficolta’, riesce a tenere a freno, come certi capitoli davvero drammatici del libro, sottolineano.
Infine e non e’ certo da meno, un libro meraviglioso, appassionate, tristissimo e tratti terribile ma anche in questo dolore la sua immensa grandezza.