Sul quotidiano sono riportate le parole di una delle figlie della coppia , Nancy, che dopo la tragedia ha lasciato Avola ed oggi vive a Ferrara dove studia legge. “Farò l’avvocato, o il magistrato, o entrerò in polizia, perché quello che è accaduto a mia madre e poi a noi figli, vittime dimenticate nell’oblio, non accada più“.
In pochi istanti, la vita di Nancy e dei suoi fratelli è stata stravolta, loro da figli si sono trasformati in orfani, orfani del femminicidio!
“Sono andata via dalla Sicilia due settimane dopo la tragedia, era già deciso, ma invece di iscrivermi a Scienze Infermieristiche, dopo quello che è accaduto a mia madre ho deciso che avrei fatto Giurisprudenza. Abito con altre ragazze, mi sostengo soltanto con la borsa di studio, riuscire a pagare la casa, i libri, le tasse è durissimo, ma il mio obiettivo è laurearmi e poi occuparmi della violenza sulle donne, e soprattutto dei figli del femminicidio. Dei tanti come noi, mia sorella, il nostro fratellino, lui è quello che soffre di più, è rimasto a vivere in Sicilia con i nonni, ma in condizioni difficilissime, senza sostegni“.
Dei figli di questi olocausti familiari, quando si spengono le luci della cronaca, spesso non si sa più nulla, eppure per loro “il dopo” vuol dire indigenza, solitudine, case famiglia, disgregazione.
Nancy conclude la sua intervista con queste parole: “Ricordare mi fa male, per me nulla è cambiato da quel giorno… Mia madre aveva denunciato mio padre ma non è stata ascoltata, nessuno è intervenuto per impedire l’omicidio. Perché i parenti delle vittime di mafia, i familiari dei morti sul lavoro hanno degli indennizzi e noi no? Avevamo chiesto che nella legge sul femminicidio venissero inserite misure di sostegno per gli orfani. Ci hanno detto che non c’era più tempo… Abbiamo scritto al presidente della Repubblica. Nessuna risposta. Ma io sono tenace e so che le risposte arriveranno. Per noi, e tutti gli altri figli rimasti soli“.