Anzi di più: ad essere particolare non è soltanto la serie di eventi che ne ha comportato la nascita, ma la stessa motivazione della sua realizzazione.
Il romanzo infatti nasce per parlare ai ragazzi con la voce dei ragazzi stessi e per strutturarla, questa voce, in una storia che del racconto offra trama e interesse e all’introspezione dia spazio e terreno.
L’autrice, affermata e riconosciuta scrittrice di libri per bambini e ragazzi, si occupa attivamente di laboratori di scrittura per giovani e giovanissimi, ai quali ha dedicato anche dell’ottima manualistica. Durante l’incontro didattico con un gruppo di studenti di una scuola secondaria di un quartiere “di borgata” romana è nata l’idea che ha portato alla realizzazione di questo libro.
Romanzo che narra di ragazzi di periferia, dove la periferia è sia nel luogo – là dove diventa “etichetta”, divisione, solco segnato, definizione – che dell’anima – dove va a coincidere con adolescenza, cambiamento, turbamento, spesso rabbia, sovente fatica.
Dare voce al turbinio interiore è da sempre un buon modo per ordinarlo, per domarlo, a volte anche per condividerlo.
Luisa Mattia ha offerto, quindi, ai suoi ragazzi il terreno privilegiato di una storia ove depositare i tanti, comuni, tumulti. Nel titolo, che è una dichiarazione, c’è il successo dell’esito raggiunto.
Un racconto pensato e immaginato in maniera corale, alla stesura del quale la scrittrice ha prestato la sua penna e la sua esperienza, per trasformalo in un libro, in cui però ha ritagliato uno spazio anche per le voci dirette dei ragazzi lasciandole, come intermezzi, nei capitoli che riportano “le voci degli altri”, cioè dei comprimari che partecipano, emotivamente e nei fatti, alle vicende.
Arianna ha quattordici anni, una madre fuggita chissà dove, un padre distante che compensa la lontananza con l’autoritarismo, un fratello spesso assente, dedito a traffici poco puliti. Gli amici, al solito, che paiono disponibili e, in fondo, antepongono i loro interessi all’ascolto sincero dei problemi altrui.
Arianna ha bisogno di nascondersi, di fuggire da sé. E lo fa prima nell’aspetto, confondendo i suoi dolori in un look aggressivo, sguaiato.
Capelli di foggia e colore appariscenti, vestiti troppo adulti per il suo giovanissimo corpo, trucco pesante, Arianna crede di piacersi soltanto quando non si vede, quando lo specchio restituisce un personaggio che non può, per fattezze, avere paura o dimostrarsi fragile.
E quando gli abiti e i cosmetici non bastano più, la ragazza la fuga la intraprende davvero. In principio pare quasi una provocazione, un atto d’impulso, di sfida verso i limiti imposti da un genitore che usa la voce grossa, ma poi la strada le prende la mano, tornare indietro diventa difficile, e non soltanto per una questione d’orgoglio, anche per un strano guizzo di libertà che, a tratti, tra dubbi e indecisioni, sente scorrerle sotto la pelle.
Così Arianna si mette in cammino, sulla via incontri diversi che le chiedono di fidarsi o meno, di abbassare o meno le difese, di scegliere, di capire. Persone portatrici di storie, di passati forse dolorosi, di progetti per il futuro, oppure abbandonati ad un eterno presente senza storia apparente.
La ragazza dovrà fare delle scelte e non sempre saranno quelle giuste, in una racconto che non cede volentieri tributi a buonismi e sentimentalismi, che non fa della protagonista un’eroina, che non celebra, non edulcora, non si fa bello per amore della morale.
Ciò che colpisce di Arianna, prima ancora di spiazzare, è lo spessore del suo realismo. Un’adolescente forse come tante verso la quale, un adulto come me che legge, può provare tenerezza o avvertire un moto di giudizio, ma che sicuramente un coetaneo sentirà vicina.
Il tema della fuga – oltre ad essere concreto, perché molti ragazzi arrivano, in alcuni momenti della crescita, a sognarla o immaginarla, magari senza praticarla – è anche profondamente simbolico.
Fuggire, prima che concretizzare un atto di rabbia, significa essere costretti a rompere con una realtà nota per abbracciarne una ignota. E’ territorio di difficoltà ma anche di libertà, di paura ma anche di gioia.
Fuggire costringe a guardarsi dentro per trovare in sé le risorse per la sopravvivenza, costringe a scegliere da quale parte stare e che via percorrere. Significa uscire da un solco segnato, vuoi dall’età, vuoi dalla società, vuoi dalla famiglia e o dal luogo nel quale ci si è trovati a nascere.
La fuga è spazio nuovo che comporta tormenti e dubbi, paure e slanci, entusiasmi e ripensamenti.
Un po’ come l’adolescenza, come la crescita che è un tuffo e la risalita facile non è mai.
Arianna dal suo viaggio tornerà cambiata, forse non risolta, come risolta non è la realtà intorno a lei.
Ma tornerà con qualche risorsa in più per la costruzione di sé, per la scelta di come essere e di come diventare. Un piccolo grande traguardo che porterà, inevitabilmente, anche chi la circonda a modificarsi un po’.
Nessun lieto fine fiabesco ma, di certo, una speranza in più.
Un libro interessante e apprezzabile, destinato al successo tra i giovani lettori oltre che per il potere comunicativo che ha e per le possibilità d’immedesimazione che offre, anche per la gradevolezze e scorrevolezza dello stile che lo rendono una lettura piacevole, leggera nella forma ma ricca di spessore nel contenuto.
Le voci degli “altri, intorno” che inframezzano i capitoli in brevi paginette e che Luisa Mattia ha affidato alla penna dei suoi studenti, permettono al lettore, come ai ragazzi che le hanno scritte, l’importante esercizio del sapersi mettere nei panni, e nelle emozioni altrui; per imparare a valutare anche gli effetti che le proprie azioni posso produrre sugli altri. Pratica non comune, questa, nell’età assoluta e assolutistica dell’adolescenza.
(età consigliata: dai 12 anni)
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