Ci sono dei limiti però con cui, purtroppo, "Noi Siamo Infinito" deve convivere, dovuti più che altro, all'esistenza di prodotti speculari che hanno saputo affrontare, con maggior profondità, e ben oltre il pubblico adolescente, i suoi stessi delicati argomenti. Si capisce di getto che il lavoro di Chbosky è un lavoro personale, formatosi dall'accumulo di esperienze vissute e dolori provati in prima persona - magari non proprio tutti, si spera - e forse proprio per questo in grado di fissare quello spirito che va ad incidere oltre il canovaccio classico consumato dagli esemplari di pellicole portatrici di queste tematiche. A fuoriuscire di netto allora, e in maniera sentita, stavolta sono i bisogni più grandi, i sentimenti fondamentali, quelli che ci aiutano a sentirci meglio e che non si esauriscono mai neppure passando da un’età all'altra e sono l’amicizia e l’amore. L’esigenza dei personaggi di fruire di questi impulsi è talmente forte da scavalcare addirittura la facciata autentica o illusoria del caso, mossi dalla smania di assorbire quei sentimenti scaccia-dolore per guarire - temporaneamente magari – dall'autoconsiderazione sconfortante di giocattolo difettoso.
Il primo operato cinematografico di Stephen Chbosky tende a voler imprimersi e a ritagliarsi un posticino nel cuore dello spettatore con fare molto umile e senza utilizzo di alcuna prepotenza o manipolazione. Tuttavia la sorte riservata a pellicole di questo archetipo impiega più tempo del solito nel dire la sua e sentenziare un giudizio. Di conseguenza se “Noi Siamo Infinito” avrà le carte in regola per diventare un manuale di riferimento per gli adolescenti, un cult, o semplicemente uno dei tanti film su un età complicata potrà essere solo il futuro a dircelo. Ciò che possiamo fare noi è guardare al presente e ascoltare la nostra reazione.
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