Nonvi è alcun dubbio che le responsabilità di questa crisi, ovvero, della mancatesoluzioni, pendano in maniera preponderante dalla parte tedesca. La storia tornanuovamente a ripetersi. Tanto è vero chequesta ci racconta con lettere scritte con il sangue di milioni di persone, del ruolo e delle responsabilità che ha sempre avuto la Germania nell'affermare la sua potenza nelcontinente europeo. Questa presunzione - o per meglio dire ambizione- egemonica, è stata la genesi di crisipolitiche, di due guerre mondiali e dell'attuale guerra economica: primacombattute con le armi, oggi a colpi dispread, bilance dei pagamenti e con misure di austerità imposte a molti a Paesi del continente, innome dell'interesse nazionale germanico.
Lepolitiche di rigore e di austerità comandate più o meno a gran parte degli Statieuropei dalla Germania, stanno portando fame, povertà diffusa e conflittisociali. Per il momento, ne costituisce un esempio più che tangibile la Grecia con la sua popolazioneche, oltre ad essere stata esasperata e usurpata della propria democrazia, ècostretta a sacrifici che produrranno - in maniera pressoché perpetua - ulteriori crisi che, stando alla dottrina germanica, dovranno essere compensate con altri sacrifici, rigoreed imposizioni. Tutto ciò è distruttivoe letale. Poi sarà la volta della Spagna, del Portogallo, dell'Italia o forsedella Francia. Fino a quando l'intero continente non crollerà o questa recessione, che sta assumendo semprepiù i connotati di una grande depressione, arriverà a lambire il popolo tedescoe toccare gli interessi germanici. Ma a quel punto sarà rimasto ben poco dadifendere e tutto ci riporterà al ricordo di Berlino accerchiata dai carriarmati, proprio come lo fu con la caduta di Hitler. Non più una Europa unitacapace di buttarsi alle spalle secoli di conflitti, né una moneta unica;tantomeno una Europa economica, politica e sociale. Solo ceneri e macerie.Questacrisi verrà ricordata, oltre che per il disastro economico e sociale che ne staderivando, anche (e soprattutto) per l'esplicito fallimento dei politicieuropei incapaci di produrre soluzioni immediate e definitive nell'affrontaresul nascere una crisi che, nel tempo, si è sviluppata grazie all'inerzia palesatadai burocrati finti europeisti privi di ragionevolilogiche e illuminanti prospettive; fino ad arrivare al punto di non ritorno, oancora peggio alla distruzione. E' il trionfo della sconfitta che rischia diassumere i toni della disfatta, stando il serpeggiare del sentimento diesasperazione popolare che inizia a farsi largo. Epensare che, forse, non andando troppo indietro coi tempi, sarebbe bastata unariformulazione dello statuto della Banca Centrale Europea tale da conferireall'istituto la possibilità di minacciare l'intenzione di mantenere il rendimentodei titoli di stato entro un dato limite e, se del caso, utilizzare un veroe proprio programma di quantitativeeasing, come sperimentato dalla BancaCentrale americana (FED) e da quella inglese (BOE). Forse, già di per se, questo avrebbe costituito undeterrente idoneo a placare i fenomeni speculativi verso i debiti dei paesi piùvulnerabili; senza, con ciò, dover necessariamenteutilizzare un vero e proprio allentamento monetario. Questoavrebbe potuto favorire l'implementazione di politiche fiscali e diausterità di minor rigore rispetto aquelle varate (e quindi meno recessive), con tempi di rientro dai deficit di bilancioin orizzonti più ragionevoli e in sintonia con il deteriorarsi della situazioneeconomica. Sostenendocon una capacita di acquisto illimitata il prezzo dei titoli di stato,all’interno dei singoli Paesi, si sarebbero potute produrre delle economiesulla spesa per interessi tali da ammorbidire il carico tributario deicontribuenti, e quindi creare le condizioni per una maggiore possibilità dispesa e consumo. Di conseguenza, difendendoil valore dei titoli di Stato, si sarebbe potuto sostenere il valorepatrimoniale degli attivi delle banche e quindi la massa di credito chepotenzialmente ciascuna banca avrebbe potuto concedere a famiglie e imprese.Questa è la soluzione che avrebbe potuto accompagnare e fare da spalla alleazioni di riequilibrio di bilancio dei Paesi lassisti, e magari giungere allacreazione di una grande area economica e politica integrata, capace dicompensare al suo interno i propri squilibri .Maquesta soluzione è stata da sempre censurata dai tedeschi poiché ritenuta, aloro dire, causa di fenomeni inflattivi che contrasterebbero esplicitamente con il mandato istituzionaledella BCE che è quello di garantire la stabilità dei prezzi. Rimuovendo itimori tedeschi, è doveroso segnalare che i fenomeni inflattivi che si stannomanifestando nella zona euro, appaiono per lo più determinati dall'inasprimento fiscale in corso e dalrincaro dei prodotti energetici, piuttosto che da un aumento della massamonetaria in circolazione. In tal senso, potrebbe soccorrerci anchel'esperienza americana nella quale, nonostante due operazioni di quantitative easing e tassi prossimiallo zero, non si segnalano evidenti fenomeni inflattivi, tantomeno elementi di preoccupazione al riguardo. In realtà, oltre a questa motivazione,che trae il proprio germedall'esperienza inflattiva dellaRepubblica di Weimar alla fine della prima guerra mondiale, il timore tedesco risulta anche stimolato dall'eventualità che,perseguendo una soluzione di allentamento monetario, ciò avrebbe attenuato lapressione sugli Stati, poiché più inclini ad adottare politiche di minor rigorenella gestione dei propri bilanci. Ineffetti, sarebbe quello che in questomomento andrebbe perseguito. La BCE, in questo quadro di limitata operatività,non potendo differire ulteriormente unproprio intervento e beffando la dottrina germanica, ha messo in campo oltremille miliardi di euro attraverso le due operazioni di rifinanziamento (LTRO) afavore del sistema bancario. In altre parole la BCE, pur rimanendo nelperimetro dei sui poteri, ha elevato il sistema bancario europeo a prestatore diultima istanza nei confronti del debito dei singoli Stati, offrendo alle banchela dote necessaria per sostenere la domanda di titoli pubblici. Inbuona sostanza la BCE, con questo "quantitativeeasing" indiretto, è stata costretta a sparare quasi a salve uno degliultimi colpi di cannone, visto il restringersi di ulteriori margini di manovra;senza tuttavia centrare i risultati che si sarebbero potuti ottenere con unadichiarata capacità di acquisti illimitati titoli di stato, e senza peraltrorimuovere i rischi tipici di una vera e propria operazione diallentamento monetario, comunque fortemente osteggiata dalla Germania. Un fallimento quindi? Certamente no, ma per ilmomento possiamo affermare che il merito di questa operazione rimane quello di aver eliminato nell'immediatolo spettro di una crisi bancaria di proporzioni apocalittiche, offrendoliquidità vitale al sistema e trasferendo asset, più o meni rischiosi alla Bce, e quindi,indirettamente, di nuovo in capo ai singoli Stati e ai loro contribuenti, con tutte le conseguenze che ne potrebbero derivare. Sicuramente non è stato risolto strutturalmente il problema della difesa dell'Euro moneta e dei debitisovrani, visto il riproporsi impetuoso dell'aumento degli spread e delle altre note problematiche, che esprimono inmaniera inquietante tutte le criticità dell’eurozona. Con il rischio,tuttavia, che ora le banche sono piene di titoli di stato che si stannovia via svalutando per effetto delle misure distruzione di massa imposte dalla Germania, che stanno dando linfavitale alla contrazione economica e alla distruzione dell'economia europea.Quella tedesca compresa.