Noise, War & The Circle Review

Creato il 01 marzo 2013 da 79deadman @79deadman

The Circle Review è il titolo di una rivista letteraria prodotta dal ring “Il circolo delle arti”, creata dalla passione del curatore Lorenzo V. e dalle proposte letterarie di un pugno di blogger che hanno dedicato al progetto scritti inediti e assai interessanti.La rivista è scaricabile gratuitamente, in formato pdf al seguente indirizzo:
http://ilcircolodellearti.myblog.it/the-circle-review-rivista-culturale-letteraria-del-ring.html
Il sottoscritto Evil Monkey ha avuto il piacere di partecipare a questo progetto con un paio di cartelle su Koksofen di Caspar Brötzmann, un oscurissimo album di “hard-noise”  prodotto nel cuore della Germania in anni musicalmente eroici come i primi ’90.  “Caspar Brötzmann tra le macerie di San Nicola” è un racconto breve in formato recensione, o magari il contrario, chi lo sa…  derivato evidentemente dal formato di Paganesimi Elettrici.Di seguito un estratto del testo, che potete trovare integralmente sulla rivista.
Koksofen è un album del 1993, ma potrebbe essere anche del 1947 o magari del 2050. E’ il formato industriale del power-trio, prodotto da una rivoluzione tecnologica fallita, a bassa tecnologia, vampiresca, quasi catatonica. Si sfoga in relitti di fabbriche che sembrano bastimenti enormi arenati negli slum di grigia edilizia popolare. Si sfoga attraverso una chitarra che è il mezzo, è l’amplificatore di un sommerso emotivo continuamente represso e tenuto all’ombra di ogni luce. Cinque soli brani, lunghissimi, dilatati, senza strofe, senza poesia; nessun ritornello. Una batteria spettrale che è la scarnificazione di un ritmo sempre subordinato al rumore, che mai riesce a mettere ordine nella nuvola di caos che circonda Caspar Brötzmann, un chitarrista ramingo che fa dell’anarchia musicale una tangibile cifra stilistica e del volume un’arma carica, sempre pronta a fare fuoco di sbarramento.Una copertina rupestre, marrone e nera di graffiti urbani incisi coi tizzoni di fiaccole spente per non essere riaccese. Vorrei essere ancora sdraiato sui prati al sole di Elbpark‎, sotto al monumento a Bismark.Hymne, quasi quindici minuti; accordi di un esoscheletro metallico che riverberano una tensione spasmodica, crescente; si muove come un vecchio orologio a pendolo; batte come il Cuore Rivelatore di Poe. Poi la recita in maschera e un salmodiare sommerso. Nel mezzo esplode la carica volante di elicotteri heavy metal: riff come fossero i Manowor, rumori come fosse Keiji Haino. Feedback. E ricomincia da capo; il silenzio dopo la bomba.Davanti a me la metà di un arco gotico; è spaccato in due. Una parte non esiste più; l’altra si sorregge come un mutilato che trascina il corpo nella neve. Una chitarra gelata e impassibile prende via tutto il resto del brano.
Ancora un ringraziamento a Lorenzo V. per il lavoro di impaginazione e trattamento dei testi, e l’invito ai lettori a diffondere la rivista e l’iniziativa per le lande del Web.

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