Sempre che non ci siano diritti pendenti sull'invenzione di Marco Bollesan, al quale la federazione porge tributo: "In onore al glorioso club ad inviti del Nord Ovest fondato nel 1973, la Fir ha deciso di attribuire alla neonata formazione il nome 'Zebre'".
Personalmente penso che simulare una storia che non c'è appropriandosi di un nome altrui sia operazione da provinciali, simile all'acquisto per posta di un fantomatico stemma nobiliare di famiglia. Tra l'altro le Zebre, per chi se le ricorda, erano il risultato di una contrapposizione: era un club a inviti stile vil-Barbarians (dai quali copiò maglia e quindi nome), aperto a tutti i giocatori in Italia non eleggibili nei Dogi. Quindi il senso della Cosa II si disvela, forse inconsciamente anche attraverso questa scelta: vorrebbe coprire ciò che non si sente rappresentato da quei fastidiosi estranei del Galles de'noantri Veneto - sempre che l'intera landa del Leòn de San Marco si riconosca in Treviso, argomento oltremodo "denso" (ai tempi lo coprimmo per quanto riguarda "l'estrema" Rovigo). Tant'è, per i "foresti" rimane così e Bollesan lo fu passionalmente, talora in modo veemente, nonostante nome e origini chioggiotte.
Quanto al nome in sé, per non fare solo i criticoni ma anche i propositivi, un "cappello" più vintage sarebbe stato il nome Amatori. Nome autoironico, in pieno understatement (in inglese amateur è il dilettante), celebrativo di epopee più gloriose (nella foto), anche provocatorio in un certo senso ancorché molto "composto", più "padano" del bel Mascalzone Latino (per cosa siamo famosi nel Mondo noi italiani, oltre che per la pizza e il prosciutto?).
Al di là di Eco cluniacensi stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus, è un ulteriore passo della fase di decantazione post Aironi, caratterizzata dagli evidenti limiti di un approccio autocratico, emergenzial- furbetto, mai (più che mal) pianificato e peggio eseguito. Da cui minacce e ricatti a giocatori, denunciati persino da un club sovente dato allineato ai "centralisti" come Rovigo.
Livello palesato anche da notizie fresche che danno Melegari e la sua idea di focalizzarsi solo sulle attività giovanili, in minoranza a Viadana: la Società si starebbe accingendo a presentarsi in Eccellenza. "Ne hanno diritto", sancì il Presidentissimo Dondi. Le implicazioni di tale fatwa presidenziale sul campionato nazionale sono ripescaggi, fusioni, passaggi da o a 10, 12 squadre e chi più ne ha ... ancora, alla faccia della possibilità di pianificare, base indispensabili per ogni iniziativa seria.
Oltretutto a stretto giro di posta parte l'attacco di Melegari a Dondi, vòlto a bruciare i ponti ma non solo. Di mezzo ci sono ovviamente i soldi: per "la riqualificazione delle infrastrutture di Viadana" sono stati stanziati investimenti pubblici (cinque milioni di euro circa tra le varie Amministrazioni locali) e privati - la proprietà del Lavadera Village - per oltre sei milioni di euro. Il pubblico come sempre è in ritardo e deve ancora spendere la gran parte dei soldi stanziati, per cui alla luce della annunciata migrazione a Parma, potrebbe ancora decidere di fermar tutto; i privati che invece han già sborsato (per cosa? La speculazione del Villaggio, lo stadio?) minacciano per bocca del Presidente di chiedere i danni. Finirà che Dondi, una volta rimosso Melegari dalla scena delineerà l'ennesimo compromesso, accettando di far giocare le Zebre almeno inizialmente a Viadana (Moletolo pare rivelarsi un bluff, non ci sono infrastrutture né soldi per farle, manco usando i tubi Innocenti prelevati dal Flaminio, dove finirà la Lazio). Si accettano scommesse. Anche qui tutto provvisorio, come una tribuna in tubi Innocenti.
Qua siamo, alla provvisorietà, momenti di passaggio che durano da dozzine di anni: dopo il Grande Balzo in Avanti della creazione del Sei Nazioni nel 2000, anche la Federazione ha toccato con mano l'evidente stallo del movimento, in termini di risultati e crescita vera, sana. Solo che non ne han dedotto che ci fosse qualcosa di sbagliato nel modello top-down - il centro Azzurro che trascini coi suoi successi il resto del movimento e tutto il resto è un optional, basta insistere fin che i successi arriveranno. Le azioni che hanno intrapreso non hanno mai spostato di un millimetro l'approccio centralista, anzi l'han reso sempre più pervasivo. E' questo il problema di fondo. In particolare la maggiore, l'iniziativa Celtic League, per come l'han impostata e come la stan gestendo.
Il modello celtico non poteva che piacere alla Fir: prescinde dalle Leghe dei club che in Francia e Inghilterra ( e un tempo anche in Italia) organizzano e gestiscono i campionati Pro. Del campionato Pro12 titolari sono le Federazioni, che concedono licenza di parteciparvi a delle Società, controllate dalle federazioni o da club privati.
Giusto per togliere dal tavolo discussioni un po' oziose, in ogni caso la forma sociale delle partecipanti per forza deve essere quella della società di diritto privato, srl spa o sapa che si voglia. Il che non vuol dire controllata da privati. Altro tema che entra nel dibattito è la franchigia, brutta traslazione del termine inglese franchisee - in italiano corretto si direbbe concessionaria. Designa una realtà sociale costituita per ottenere ed esercitare una licenza su base temporanea e vincolata, da un franchisor, il titolare vero del diritto.
Alcuni fan confusione col modello attivo in Nuova Zelanda e Sudafrica dove le franchigie non hanno la proprietà delle tessere degli atleti. Down Under le tessere appartengono alle Union locali, che possono schierare i giocatori in squadre impegnate nei campionati provinciali e nazionali. Si ricorderà ad esempio Sonny Bill Williams che due anni fa iniziò la sua rincorsa a un posto All Blacks da Sheldon Park vs. Lincoln University, partita del campionato della Contea del Canterbury. E' insita quella "piramide" in cui gli atleti dalla base progrediscono senza soluzioni di continuità - e passaggi di cartellino - ai vertici.
In Europa invece gli atleti sono tesserati dalle franchigie e tipicamente lì rimangono, tranne rari casi di necessità di recupero (uno in Galles l'anno scorso) non coperti da partite di trofei anglo-qualcosa. Ciò non toglie che anche lì come al Sud il legame con il territorio sia poderoso: se nel Galles e in Scozia (Borders) qualche costosa stupidata al proposito l'han fatta, in Irlanda le attuali franchigie per tale ragione sono più radicate nella tradizione che altrove. Ad esempio Leo Cullen quando viene convocato in nazionale viene contraddistinto come giocatore del "Dublin College RFC" e non del Leinster. Dove s'è formato, dove ha le radici e dove s'identificano i ragazzini che ci giocano, tanto per tornare al tema evocato dal nome nudo iniziale.
Alla fine di tutta 'sta escursione che speriamo serva a far chiarezza, arriviamo al dunque. Keltia o meno, centralismo federale o franchigie private, non è questione di modelli: tutto salta se manca un chiaro legame non solo formale ma anche identitario, storico e condiviso con la realtà del territorio. Son cose che non si creano copincollando un nome e un logo o spostando la sede qua e là. Fin che la Fir fingerà di non capirlo, si eserciterà sempre e solo in vani giri di potere, nel mentre la base del movimento frana fatalmente.
Vittorio Munari in uno dei suoi più celebrati "tinelli", chiedeva conto dell'insostenibile differenziale in Italia rispetto al resto del Mondo del rugby, tra spese per le Nazionali e per la Base : anche se il bilancio della Fir è più protetto della password di Zuckenberg, qualcosa si sa e si vede. Meno di un milione quest'anno, a pioggia sui quasi ottomila comuni d'Italia, su un budget totale di 30, 40 milioni di euro. La base delle basi, il mitico trofeo Topolino (6.000 ragazzini han partecipato quest'anno) è finanziato al 100% da un mecenate. Per fortuna, aggiungiamo; i federali preferiscono dedicare tempo, riunioni e e risorse a impiantar franchigie che neofiti. Stroncandone una che già esisteva e perdendone quindi persino l' "avviamento", come si direbbe in aziendalese.
L'errore della Federazione è paradossalmente di continuare a "lavorare per il successo degli Azzurri": aldilà della opinabile efficacia con cui lo sta facendo (ma noi italiani adoriamo riporre fede nei "salvatori della Patria"; a proposito, buona tournée Brunel), confondono un mezzo tra i tanti possibili - puntare sui risultati della Nazionale per trascinare tutto il resto - col fine vero - far crescere TUTTO il movimento in Italia, in numeri e risultati. Confusione fatta in buona fede, vogliamo pensare, ma molto comoda per chi è assiso al centro: già il Divino Giulio (Cesare non Andreotti) avvisava che gli uomini credono volentieri a quel che gli conviene.
Prendere i migliori settanta giocatori nazionali per spedirli in Keltia, lamenta Munari, ha impoverito il campionato nazionale. Questo è vero ovunque, a suo tempo lo fecero anche in Galles, Scozia e Irlanda; Richie McCaw gioca al massimo un paio di due partite nell'NPC l'anno, se va bene. Se ben gestito, non è negativo: dove la base si fonda su legami identitari di area, high school e college inclusi, tale "estradizione" ha un positivo effetto pull sui giovani talenti. Da noi al contrario l'assenza di legami tra territorio, scuole e vertice, incrementata dai disegni autocratici e dalla spending policy centralista della Fir, che arriva a imporre il controllo centrale delle tessere in Accademia, non può che impoverire sempre più il movimento italiano. E più si spende sbagliato, tipo nella franchigia federale, peggio è. Utile solo per dare uno stipendio al pur valido Christian Gajan e al suo pupillo ritrovato dai tempi del Treviso, Troncon.