Nomofobia da evento? Si cura con una domanda, o quasi.

Creato il 09 luglio 2012 da Sdemetz @stedem

Si chiama nomofobia. È la patologia di chi senza il suo smartphone si sente tagliato fuori dal mondo. Secondo il settimanale tedesco “Spiegel” è la nuova malattia, della nostra epoca, ma anche del nostro lavoro.

Certamente nell’organizzazione di eventi lo smartphone ha migliorato la vita, e di molto. Ma non c’è dubbio che il rimanerne intrappolati durante l’evento e sentirsi un vuoto dentro, quando a evento finito, lo smartphone segna il grado zero della sua attività, è un rischio latente.  Prima, tutto un trillo e lucine che segnalano messaggi, poi il silenzio assoluto. Il nulla. E noi, prima tanto importanti, smettiamo di essere qualcuno. Torniamo a essere una persona qualunque.

Per prevenire l’ansia prima, e il vuoto dopo, ci sono alcuni rimedi. Testati da me personalmente, funzionano! Si tratta semplicemente di evitare un surriscaldamento del telefono-leggimail e continuare a essere noi stessi, né più né meno importanti rispetto al pre o post evento.

Sia chiaro. Non ho nulla contro quest’oggetto, che  mi aiuta molto. Sono sempre raggiungibile e posso controllare le mail ovunque e sempre. Il mio lavoro, infatti, spesso si svolge fuori dall’ufficio, per strada e nel sito.

La caratteristica dell’evento è quella di accadere in  un tempo concentrato e l’entrata in questo spazio-tempo generalmente avviene con una crescita esponenziale di tensione, di cose da fare, di gente che ti cerca, di fornitori che arrivano, di problemi da risolvere. Lo smartphone ci aiuta a farlo. A rispondere mentre siamo a fare un sopralluogo. A rispondere alle mail subito dopo una conferenza stampa. A risolvere un problema nel luogo x, mentre noi ci troviamo nel luogo y. E così ci muoviamo tra mille mail, mille telefonate e mille cose ammucchiate sul tavolo, mille persone che ci cercano, mille cose da costruire. E tutto in fretta. Tutto subito. Tutto ora! Tutto è urgenza e tutto ha bisogno di una risposta immediata.

Ma è davvero così? Io ho i miei dubbi. Anzi sono certa che in generale non è così. Che il tutto subito si può convertire per un “ogni cosa a suo tempo”. Ci sono naturalmente  le eccezioni, gli imprevisti e per questi lo smartphone è perfetto. Ma per la normalità, abbiamo solo bisogno di alcune regole.

Ecco i miei quattro consigli anti “nomofobia da eventi”

  • Creare una squadra autonoma e responsabile

Avere una struttura fatta di deleghe per responsabilità. Cioè, non basta dire: “passami il bisturi”, piuttosto si deve poter dire: “taglia qui”. In questo modo i vostri collaboratori non dovranno chiamarvi o scrivervi una mail per ogni vaso o lampadario da spostare.

  • Urgente versus prioritario

Distinguere cosa è urgente da cosa è prioritario. È urgente ciò che va risolto subito, (se non lo faccio ora, crolla il palcoscenico). È prioritario,cioè ha la precedenza, ciò che va fatto prima di altre cose, perché più importante (verifico la capienza e poi mando gli inviti). Le urgenze spesso si risolvono al telefono. Le priorità se ben pianificate, si possono gestire con calma, dalla postazione di lavoro in ufficio.

  • Multitasking fittizio: il coraggio di non rispondere!

Stiamo facendo un sopralluogo e mentre il nostro collaboratore ci spiega un problema, noi buttiamo l’occhio sulle mail oppure rispondiamo a una chiamata. Per sentirci importanti possiamo chiamarlo multitasking. In realtà si tratta di maleducazione verso chi in e carne e ossa ci sta parlando (e di schizofrenia se riferito a noi stessi). A cosa serve andare a fare un sopraluogo se poi non guardiamo ciò che abbiamo davanti? Concentriamoci su una cosa alla volta, stabilendo, appunto, priorità e urgenze. La persona che ci sta chiamando può essere richiamata. La mail può aspettare il rientro in ufficio.

  • Risparmio energetico: il coraggio di spegnere lo smartphone

Essere sempre raggiungibili, mandare mail di continuo, stare on-line anche di notte non serve a nulla. Danneggia la nostra serenità, perché nel sonno, con il cellulare acceso, avremo sempre un pezzo di noi in attesa di un messaggio. Ci stanca da morire, perché ci impedisce di prenderci delle pause umanamente necessarie, anche se un evento ha una scadenza precisa e impone ritmi concentrati. Dobbiamo, cioè, garantirci una sacca di energia non utilizzata, perché durante l’evento ci potranno essere urgenze vere e allora tutta la nostra energia dovrà essere convogliata là. E allora esiste solo una ricetta: spegnere tutto e dormire o andare a fare una camminata o godersi una pausa pranzo parlando di cinema.

Mi rendo conto che pare tutto facile a dirsi, ma a farsi? C’è un trucco. Il mio trucco privato. Ogni volta che veniamo disturbati da un trillo, ogni volta che arriva il suono di una nuova mail, io mi chiedo:

“Se non rispondo subito, salta l’evento?”

La risposta la potete intuire facilmente. Il 99% delle volte è “No!”


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