Da questa terribile storia accaduta la scorsa notte alla Bufalotta, in un garage, qualcuno scriverà sicuramente un romanzo, forse lo stesso Soter Mulè ingegnere quarantaduenne e da poco disoccupato, accusato di omicidio, al momento non colposo ma volontario, ieri notte a Roma.
Il Kinbaku nasce in Giappone ed è una derivazione dello Shinbari –arte della legatura- che dal 1400 al 1700, veniva utilizzato nelle carceri da Samurai e polizia come forma di punizione estrema.
Parente stretto di altre forme artistiche come l’Ikebana il Sumi-e (pittura con inchiostro nero) e il Chanoyu, lo Shinbari, arte della legatura del corpo fu utilizzata, sempre in Giappone, come forma di ornamento e come pratica di piacere estremo.
Perché forse in Giappone tutto ha un senso diverso e mi domando perché, da noi, viene importata solo la traccia più semplice e volgare della pratica, qualunque essa sia, tralasciando troppo spesso i significati più alti e filosofici che si celano dietro ogni singola cerimonia tramandata nella terra del sol levante.
Lì, infatti, la tecnica con cui il Samurai legava la vittima andava addirittura a determinare l’onore e lo status del Samurai che si prendeva in carico il prigioniero.
Le corde utilizzate per la legatura, in seta o canapa erano in principio di quattro colori, ridotti in seguito a due, indaco e bianco.
Il blu, il rosso, il bianco e il nero, rappresentano i punti cardinali, le quattro stagioni e le quattro creature guardiane delle direzioni e che, come nel Feng Shui, sono la tartaruga, la tigre, il drago e la fenice.
Ma anche le regole sono quattro.
La prima è far sì che il prigioniero non si liberi dalla legatura, la seconda che non si causino danni né fisici né mentali, la terza è che non si mostrino ad altri le proprie tecniche e infine, che si esegua una legatura in modo pregevole.
Senza esprimere alcun giudizio morale sulla questione, e al contempo assai rammaricata per la morte di una giovane donna, penso che l’ingegnere abbia infranto di sicuro la seconda regola e che si sia affidato si sia sentito sicuro di ciò che faceva dopo aver frequentato dei Corsi specifici.
Francamente mi pare assurdo pensare che esistano oggi corsi di “Bondage” o di “Kinbaku” come se fosse pilates o chitarra, e verrebbe da ridere anche al mio amato Marchese che praticava certi giochetti nel suo boudoir, al lume di candela e sorseggiando vino d’annata. Certo, anche il Marchese De Sade si è fatto alcuni anni di galera, in totale quaranta, entrando e uscendo grazie ai favori dei suoi amici, ed è fra l’altro proprio in una cella della Bastiglia, sotto una pietra, che fu rinvenuto il manoscritto delle Centoventi giornate di Sodoma.
Mulè come De Sade?
Sono convinta che la nostra Editoria farà a gara per accaparrarsi un manoscritto di cronaca nera che certamente tirerà più di altri testi, ricchi magari di riferimenti filosofici e di un certo sarcasmo sulla materia.
Oggi come oggi fa più comodo narrare i fatti “nudi e crudi” affinché il lettore non debba sforzarsi nemmeno un poco di mettere in moto le meningi, ma tralasciando questo aspetto squisitamente polemico e fuori tema, sta di fatto che l’ingegnere è entrato in un garage alle quattro del mattino e questo ha il suo peso.
Per fare “certe” cose bisogna essere molto lucidi.
Non mi è mai capitato di conoscere persone esperte di questa materia che conducessero una vita di eccessi, anzi.
Le “pratiche estreme” tra esseri consenzienti e maturi non sono uno sport da imparare durante un corso e che “il legatore“ si giustifichi sostenendo di aver frequentato uno o più corsi, non lo scagiona dall’ingenuità di aver messo per aria, legate insieme, due persone di peso così diverso.
Infatti, visto che i corpi legati vengono lasciati pendere nel vuoto affinché, pelle a pelle ci si tenga piacevolmente in equilibrio reciproco, logica vuole che il Kinbaku sia applicato su modelle di peso simile.
In questo caso, purtroppo, così non è stato. Una delle due ragazze pesava quasi cento chili e quando ha perso i sensi ha inevitabilmente strangolato a morte l’altra.
Mia auguro che la famiglia della vittima faccia battaglia fino in fondo affinché corsi di questo genere vengano chiusi.
Ognuno è libero di fare della propria vita ciò che vuole, ma se un corso autorizza qualcuno a credersi esperto in una materia che ha a che fare con la vita e con la morte, allora non ci siamo.
Inoltre, certe pratiche vanno vissute con discrezione e non all’interno di festival e di manifestazioni, non per puro esibizionismo, l’amore e il sesso estremo, non devono diventare un modo come un altro per cercare di differenziarsi dalla massa e, questo orribile e macabro episodio, ne è un esempio.
Essere “Slave” o “Master” è uno status mentale, è un modo di vivere, una scelta quotidiana profonda che non si impara in nessuna scuola; è una scelta di adesione totale all’altro, sia fisica che mentale, e porta con sé molto dolore, credo quindi che non si debba incoraggiare nessuno a entrare nel Club.
Chi fosse interessato alla questione, farebbe bene quindi a partire dalla teoria, dallo studio della filosofia orientale, magari dal Taoismo.
Sono convinta che di fronte a certi argomenti e a testi voluminosi e complessi, ventenni in odore di emozioni facili, scapperanno a gambe levate per andare a iscriversi a un corso di pilates più adatto a loro.