I due protagonisti, Firth e Rush, si erano già precedentemente incontrati sul set di Shakespeare in love, altra pellicola meravigliosamente trasudante romanticismo, ma dotata di splendide musiche, splendidi costumi e splendidi scenari, dove Rush è Philip Henslowe, impresario teatrale inglese, mentre Firth è Lord Wessex, colui che finirà per sposare Viola De Lesseps, l’amata di Will Shakespeare, interpretata da Gwyneth Paltrow. Non si sa bene per quale motivo, a Colin Firth riescono bene i ruoli di imbranato un po’ goffo, come ha dimostrato per Bridget Jones, per Shakespeare in love, ed ora per Il discorso del re. Perchè Bertie, che diviene re Giorgio VI in seguito alla morte del padre, re Giorgio V (interpretato da Michael Gambon, già Albus Silente in Harry Potter, dal terzo episodio in poi), e successivamente a causa dell’abdicazione del fratello Edoardo VIII, soffre di una balbuzie che nemmeno i più illustri luminari del regno sono riusciti a curare. Solo Logue, dopo un inizio di rapporto un po’ burrascoso, riesce ad entrare in sintonia con il sovrano, riuscendo ad instaurare quel rapporto di fiducia che li accompagnerà per il resto della loro vita. E’ di questo che aveva bisogno, re Giorgio? Sì, aveva un terribile bisogno di un amico, di una persona che lo aiutasse ad acquisire quella fiducia in sè stesso, quella consapevolezza del ruolo che è stato costretto a ricoprire ma che in realtà non voleva, perchè nessuno lo aveva mai fatto sentire all’altezza. Lui, Bertie, duca di York, era sempre stato il secondo, il fratello minore dell’erede al trono, una personalità timida, introversa, insicura, vessato da un padre un po’ troppo duro, addirittura scartato dalla balia che non lo nutriva. La moglie, Elizabeth, la futura Regina Madre, si rivolge a Lionel Logue, consapevole dei metodi poco ortodossi da lui utilizzati, per amore del marito, perchè sa che la medicina “ufficiale” non avrebbe mai potuto aiutarlo. Bertie ha bisogno di un’overdose di autostima e la troverà solo da Logue, che dopo il primo discorso tenuto dal sovrano nel 1939, lo accompagnerà per sempre, dandogli forza e fiducia.
i "veri" re Giorgio VI e Lionel Logue
Una storia davvero toccante, quella dell’amicizia tra il re e il suo logoterapeuta, qui resa da un’ intensa interpretazione di tutto il cast, passando da Helena Bonham Carter, nel ruolo della Regina Elisabetta, a Timothy Spall, perfetto nel ruolo del burbero e autoritario Winston Churchill. Eccellente anche la fotografia, soprattutto nelle inquadrature all’interno dello “studio” di Logue, come anche le musiche, realizzate dal compositore francese Alexandre Desplat, già autore della colonna sonora di The Queen, altro “reale” film britannico, e che è stato scelto per le musiche di Harry Potter e i doni della morte – parte I.
Lo definirei tranquillamente il miglior film della stagione, a parimerito di The Social Network, con un’unica postilla: da vedere e rivedere, in lingua originale, perchè per quanto siano bravi i nostri doppiatori, l’interpretazione balbettata di Firth in inglese è divina, assolutamente divina.