Non chiedere da dove soffia il vento

Da Andreapomella

A un certo punto della sera, dopo il temporale, il cielo è degradato in una tinta giallastra, i palazzi hanno cambiato colore, e il mio bambino ha sorriso con gli occhi e con le spalle, ha incominciato a muovere le mani veloce e mi ha mostrato fiero le sue gengive ancora nude. Per tutto il giorno c’è stata una luce strana sulla città, un vento bollente e l’annuncio di un uragano. Mi sono visto confuso con le nuche riflesse dietro i lunotti delle macchine, con l’ansia dei pedoni che attraversavano le strade velocemente fiutando nell’aria l’arrivo della pioggia. I temporali di settembre sono molto tristi. Dopo il sorriso, io e mio figlio ci siamo avvicinati alla finestra e abbiamo guardato le tende da sole ancora tese sui balconi del palazzo di fronte, poi abbiamo fissato le nuvole che si muovevano veloci al punto tale da far pensare che il mondo avesse invertito la rotta, le nuvole quasi arancioni. Su uno dei balconi c’era un uomo in canottiera che lavorava con una sega circolare a una tavola di legno. Anche l’uomo si guardava intorno strizzando le palpebre e cercando di comprendere il motivo di quella luce innaturale. Poi, come sempre, è calata la notte, le zanzare hanno incominciato a pestare contro i vetri delle finestre, le luci del quartiere hanno preso un aspetto fatiscente, come dopo una catastrofe. La prima donna e il primo uomo avrebbero invocato gli spiriti per tutta la notte, noi ci siamo semplicemente spenti, come rocce velate di sabbia al passaggio della tormenta.

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Ante Zemljar, RISPOSTA

quando ondeggia
la verde
canna
abbine cura

non chiedere da dove soffia il vento