Io non credo in alcun essere superiore, in nessuno spirito né primo amore perché non ne ho ancora trovato uno che, con un ragionamento logico, non riesca a ricondurre a paura, ignoranza e tornaconto personale. L’intelletto dovrebbe essere un dono di Dio, tra l’altro, e che razza di dio è uno che ti dona uno strumento così potente che però, guarda caso, difetta proprio nel particolare più rilevante, ovvero comprendere il suo stesso benefattore, il Padre Nostro che ci ha creati a sua immagine e somiglianza tranne che per l’intelligenza e i tratti negativi del carattere?
“Ma Dio non è concepibile dalla ragione umana”, diranno subito i miei religiosi lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. Questa è una delle solite scuse per evitare spiegazioni che non si è in grado di dare perché, semplicemente, non se ne hanno. Basta fermarsi un attimo a pensarci, superando il comprensibile terrore causato da ciò che deriva dall’assenza di un dio, per rendersene conto: è tutto un trucco protratto tramite oscurantismo e minacce per farci accettare di essere controllati e sottomessi o, come si dice dalle mie parti, per farci contenti e coglionati.
Dio ci ama infinitamente ma punisce con la dannazione eterna chiunque osi metterlo in discussione, come un qualsiasi dittatore. “Dio punisce chi, col libero arbitrio, decide di sfidarlo”, direte voi, ma è un’altra giustificazione, un’altra fandonia, in qualunque maniera la si voglia rigirare. Ci ama tutti allo stesso modo, però ha eletto un solo popolo in particolare - opportunamente ubicato nel bacino del Mediterraneo, il cuore del mondo occidentale conosciuto all’epoca - al quale manifestarsi e inviare il proprio figlio per la redenzione dell’umanità tutta, lasciando invece in balia degli eventi l’Europa settentrionale, il resto dell’Asia e dell’Africa, la totalità di Americhe e Oceania, dove decise di non mandare neanche un cugino di secondo grado per portare la Buona Novella, bensì un genovese, qualche conquistador o altri tipi di criminali. Con millenni di ritardo rispetto ad Abramo. Non è Dio ad aver scelto l’Uomo, è stato l’Uomo a scegliersi Dio.
Anche essendo davvero liberi senza comprometterlo, poi, pregare resta inutile. Non parlo solo di vincere al Superenalotto o passare un esame, ovviamente, ma di tutte le preghiere. Se Egli ha questo piano perfetto fino alla sua più infinitesima parte perché dovrebbe cambiarlo per noi, magari con un miracolo? Perché crediamo tanto tanto in Lui? Perché promettiamo di fare qualcosa in cambio? A me sembra corruzione o prostituzione. Poi quando le cose non vanno come vorremmo, “rientra comunque tutto nel disegno di Dio, anche se non possiamo capirlo, persino fatti tragici e dolorosi avvengono per una ragione a noi incomprensibile ma che appartiene a un disegno più alto”. Contenti e coglionati.
Che senso ha poi donarci la vita se il suo fine ultimo è quello di ricongiungersi con Lui? Non potrebbe crearci direttamente in Paradiso come ha fatto con gli angeli, nella sua smisurata benevolenza? “Dobbiamo guadagnarcelo, il Paradiso”. Ma come, Dio non era infinitamente compassionevole? La storia del “maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita” (Genesi 3, 17) è un tantino discrepante col succitato dogma, quanto meno da farmi mettere in dubbio l’attributo di “infinito”. Un Dio perfetto ed esclusivamente positivo che fa le bizze e sbatte i piedi come un bambino perché la sua stessa creazione imperfetta, che cammina sulla Terra da dieci minuti, s’è fatta raggirare dal Diavolo, maestro dell’inganno e dall’inesauribile malizia, nonché acerrima controparte del Dio in questione, al quale solamente è secondo. Bella storia.
Sia chiaro, io non ce l’ho con Dio, come potrei avercela con qualcuno/qualcosa alla cui esistenza non credo? Sto solo mettendo in evidenza alcune grossolane contraddizioni di cui la religione cristiana (quella che conosco meglio) abbonda. La mia rabbia è rivolta verso chi si fa beffe di milioni di persone, raccontando loro ridicole favole contraddittorie e difficilmente credibili facendo leva sulla loro paura, mantenendole il più possibile nell’ignoranza, frustrando, aggredendo e accampando ridicole scuse quando vengono messi di fronte alla fragilità di tali, sesquipedali sciocchezze.
Quand’ero all’università a Bologna e mio padre mi chiamava per sentire come stavo, si rattristava con me quando ero giù e si rallegrava con me quando stavo bene. Così era il Dio in cui credevo quando mi ero già allontanato dai dettami della Chiesa, così immaginavo dovesse essere un vero Padre. Vedevo le nostre telefonate come le mie confidenze – chiamatele “preghiere”, se volete – e la sua empatia come compassione. Questo rimane il mio ideale di Dio, anche ora che ho smesso di credere. Neanche il rapporto col mio padre terreno è cambiato molto: io sono sempre fuori casa e continuiamo a sentirci spesso, anche se abbiamo iniziato a discutere animatamente su questi argomenti. Lui dice che non credere in Dio è da egocentrici e arroganti; parafrasando significa che la convinzione di essere stati creati espressamente a propria (parziale) immagine e somiglianza da un Essere superiore e perfetto, prediletti tra tutte le altre creature in tutto l’universo nei secoli dei secoli sia da umili, mentre invece persuadersi del fatto di essere il mero frutto del caso e di miliardi di anni di evoluzione e quindi niente affatto speciali o superiori – se non secondo criteri arbitrari e vantaggiosi – sia da superbi e presuntuosi.
Prendendo in prestito le parole di George Carlin, mi piacerebbe che fossimo
parte di una saggezza più grande di quanto potremo mai comprendere [perché non evolveremo abbastanza, non per un dono imperfetto, N.d.m4p], un “ordine superiore”, chiamatelo come volete. [...] Non punisce, non premia, non giudica affatto: esiste e basta, e così noi, per un po’ di tempo.
Senza tutte le stronzate a corollario.
-m4p-