Non crediamoci assolti.

Creato il 24 ottobre 2010 da Zarizin

Mischiare la sabbia all’acqua e fare il cemento.

Mischiare la sabbia all’acqua e fare il cemento.

E’ questa la cantilena che mi accompagna durante la giornata di lavoro in cantiere.

Dormire cinque ore e poi la sveglia del capo.

E’ questo che mi ripeto la sera.

Non conto nulla, sono l’unico ingranaggio senza importanza di un marchingegno articolato di povertà e sofferenza. E sfruttamento.

Mi ripeto che sono inutile, che a nulla è valso il mio viaggio della speranza. La speranza avrebbe dovuto essere quella di non partire per niente. Morta con la mia semplice venuta al mondo.

Mi ripeto che sono inutile e me lo lasciano credere, rincarando la dose: “Spezzati pure l’osso del collo, nessuno piangerà per te, nemmeno la tua vecchia madre. Anche per lei non esisti più. Ha perso le tue tracce. Lei è là, al di là del mare, al di là delle lacrima che hanno salato il Mediterraneo. Le lacrime per il tuo compagno morto di sete sotto il sole e buttato in acqua per nutrire gli squali.

Ora anche tu li hai conosciuti: sono il cemento che devi impastare nell’afa del mezzogiorno e gli occhi freddi del caporale quando ti dà la paga: due euro l’ora per sputare sangue nel cantiere.

La sabbia di un deserto che hai attraversato non basta. Tu ci devi lavorare, le devi elaborare per crearne qualcosa, non hai speranza di redenzione. Per un qualche peccato inesistente, per tutta la tua esistenza ci dovrai lavorare.

Per tutta la vita, o almeno finchè la tua schiena cederà alla durezza e all’ingiustizia della vita, che per te è più ingiusta che per altri, è più aspra e beffarda, soffocante.

Cederai alla vita, e anche allora non sarai morto. Sarai solo invisibile.

C.R.

Taggato con:clandestini, sbarchi, sfruttamento, sicurezza Pubblicato in:Racconti, Uncategorized