All’età di otto anni Samia sa già che un giorno diventerà qualcuno. È eccezionalmente dotata nella corsa e, anche se ha due gambe sottili come ramoscelli e vive in una Mogadiscio piegata dalla guerra, è intenzionata a seguire il suo sogno: diventare una vera atleta. Si allena di notte, dopo il coprifuoco, sgattaiolando silenziosa assieme all’amico Alì per raggiungere lo stadio della città e dare sfogo ai suoi muscoli in fibrillazione. Quello che per noi è normalità, in un Paese in guerra è sempre eccezione, anche solo raggiungere il comitato olimpionico per continuare gli allenamenti in vista di Pechino 2008. E poi ci sono altri mille inconvenienti, alcuni insopportabili, come il burqa integrale che è stato imposto alle donne, altri drammatici, come il rischio concreto di perdere una persona cara colpita al mercato fra la folla indifferente. Ma Samia affronta tutto con grande forza d’animo e non intendere deludere il padre, che l’aveva incoraggiata a farsi simbolo della liberazione delle donne somale dalla schiavitù maschile: è per questo che vuole farcela senza lasciare il suo Paese, rappresentando fieramente la Somalia.
Arrivare alle Olimpiadi di Pechino per una ragazza abituata alla povertà è già incredibile; ma Samia non si accontenta di tagliare il traguardo per ultima, pur sapendo che le sue gambe sottili non possono competere con quelle tornite di una Veronica Campell-Brown. L’allenamento necessario non le è consentito in un Paese in guerra: la decisione di lasciarlo è insopportabile, ma Samia non vede alternative e intraprende così l’ultimo Viaggio disumano per raggiungere l’Europa, senza mai perdere la speranza.
Angela Liuzzi
Giuseppe Catozzella, Non dirmi che hai paura, Feltinelli, 2014