di Lucia Immordino
Sembra non esser bastato il caso Welby.
Il disastro e la tragedia della Sardegna, la poca attenzione alla tutela del territorio, la noncuranza delle istituzioni; la scuola che va a farsi fottere e diventa sempre più fatiscente, non soltanto nelle strutture ma anche e soprattutto nell’organizzazione e nelle risorse umane; la disoccupazione che aumenta a dismisura e costringe i giovani e i meno giovani a cercarsi e a trovarsi un futuro altrove; i vecchi con una pensione da miseria, quando ancora non si recano alle mense pubbliche o a rovistare tra i rifiuti; la schifosa e fottutissima legge Bossi-Fini sull’immigrazione che ha procurato più morti di una guerra, i rifiuti in Campania che hanno ammorbato il territorio e hanno procurato pestilenze e malattie terminali…
Chiude gli occhi e respira profondamente per non bestemmiare, ma ne ha una gran voglia, femminista e comunista sin dalla prima ora.
Si accorge di botto che gli esempi che segue sono dei perdenti e soprattutto abbondantemente morti: Che Guevara, Falcone appunto, Martin Luther King, Borsellino, Gandhi, Hemingway, Van Gogh… gente con un’anima. L’anima è una fregatura però: non esiste come non esistono gli eroi e i vincitori. È tutto un bidone, una gran merdata. La verità di cui oggi si fa commercio è di plastica, i sorrisi sono strozzati da bustini, le parole escono fuori da bocche luride e vengono imbrattate da ceroni e da rossetti, i pensieri sono arrostiti, come spiedini in un grill, da lampade al quarzo e la creatività va a farsi fottere dal lifting o dal botulino: i vecchi signori vogliono passar per ventenni. In verità tutti cercano di sopravvivere e di avere almeno una volta nella vita una botta di culo. Poi, arrivati ad una certa età, non si ha più scampo: si è vissuti fin troppo nella carenza dell’essenziale e nell’eccesso del superfluo che si è disposti a leccar culi, a succhiar cazzi o addirittura a ingoiare stronzi pur di restare a galla.
Questa società infatti richiede pezzi di merda, non vuole uomini.
Ilma lavora per la politica. Le donne hanno sembianze più da marionette che da esseri umani. E dei soggetti maschili è meglio non proferirne. Ma di che stiamo parlando, ma di che stiamo vivendo? Si chiede mentre il vomito le ha già bruciato l’esofago ed è arrivato fino alla punta della sua lingua. Li immagina mentre si trombano l’uno con l’altro e mentre escogitano manovre per fotterci tutti. Il grasso si è squagliato, il miraggio è svanito: ciò che rimane è un trucco merdoso per i bagarini dello sterco del demonio. La sostanziale differenza tra democrazia e ipocrisia politica, pensa, è che nella prima si vota liberamente, nella seconda se ne ha solo l’illusione. Vorrebbe restare a presidiare, lì, dietro quella sua vecchia scrivania da segretaria a difendere gli ultimi brandelli di dignità di persona libera, pensante e incazzata per tutta la lordura e il lerciume che sono stati coltivati per anni e ora sono emersi, e come cittadina tradita: questi fedifraghi hanno già svuotato di significato gli articoli della Costituzione e li stanno trasformando in qualcos’altro di pericoloso che garantisce il nulla. Stiamo precipitando lo spirito in tombe buie e fredde.
Ilma non vuol prendere parte a questa commedia tragica. aumenta le distanze. Li ha già mollati. Continua a sorridere ai soliti mostri per abitudine e nessuno capisce che lei oramai è altrove. La sua adesione a loro si è scollata quasi naturalmente: è sprofondata in uno dei suoi buchi neri. Non ha voglia di essere ipocritamente cortese, la gentilezza doppia spesso è sopravvalutata. Il suo frammentarsi in gente superficiale e inetta le ha ridotto lo spirito in cocci: una sorta di cristallo rotto della vitalità. È distante, il più lontano possibile.
Le sue elucubrazioni mentali riescono a trarla fuori dalla realtà politica tossica e impestante in cui vive immersa per gran parte del giorno. Immagini cristalline la liberano dalle catene della falsa buona creanza della convenzione sociale, dalle conversazioni sciocche ed inutili, rubatempo, dai sorrisi forzati, veri e propri ghigni, e soprattutto da quei sì pronunciati a denti stretti: della necessità e della sopravvivenza che inducono alla morte cerebrale e al catafottersi del contenuto.
Quando rientra a casa osserva in silenzio quella che ritiene ormai l’unica via d’uscita per tutti: i libri, fonti di cultura e di informazioni. Sono ammassati ovunque, colonne appoggiate ai muri, in piedi, accalcati ordinatamente nella piccola libreria, schiacciati contro i vetri della finestra, veri paladini della libertà ed essi stessi sostanzialmente liberi. Vi cerca conforto ma si imbatte in un passo di Dante, per pochi Durante. Manco a farlo apposta. lo decanta ad alta voce: Ahi serva Italia, di dolore ostello,/nave senza nocchiere in gran tempesta,/non donna di province, ma bordello! Si lascia cadere sulla sua poltrona della lettura, incazzata e nera più che mai, scaraventa a terra il VI canto del Purgatorio, grida: ma come cazzo è possibile che non sia cambiato nulla!