Non è che non voglio studiare, è che il mondo rema contro di me

Creato il 17 giugno 2011 da Margheritadolcevita @MargheritaDolcevita

Oggi avevo deciso di andare a studiare nell’ufficio di Anacleto, un posto silenzioso, isolato, pacifico, senza le tre tentazioni (frigorifero, televisione e computer) che ammazzano i miei sforzi. Posto che Anacleto mi ha gentilmente concesso, e per questo lo ringraziamo tutti quanti, in cambio di un paio di lavoretti, come pulire il bagno e fare alcune fotocopie. Va bene, è un ricatto accettabile.

Finisco le faccende e le fotocopie e mi metto a studiare. Appena mi siedo, appena apro il libro, appena sfodero l’evidenziatore inizio a sentire delle risa, risa di bimbo, gioiose risa di bimbo. Anzi, due bimbi. Che si sono messi a giocare nel cortile. I nipoti della vecchia che abita sopra l’ufficio, l’unica inquilina dello stabile. La vecchia, nella sua infinita genialità, ha fatto giocare due bambini di età imprecisata (4 o 5 anni?) con una bicicletta. Una bicicletta, per due bambini. Cosa vuol dire? Che mentre uno andava l’altro piangeva. Sempre. Si davano il cambio. La vecchia immobile. A completare il delizioso quadretto il nonno, che ogni cinque minuti si affacciava dal balcone e urlava “Se non la finite scendo”, però in due ore non è mai sceso, nonostante loro non la finissero.

Me ne sono andata per la disperazione.

E’ come se nel paradiso terrestre improvvisamente irrompessero Gigi D’Alessio e i bambini di “Io canto”.

Poi non è andata meglio. Ho incontrato la mia vecchia professoressa di matematica. Io sono molto legata al mio liceo, perchè è stato sostanzialmente un bel periodo, gli anni migliori per quanto mi riguarda. E come sono legata al luogo così sono legata agli insegnanti, tutti, anche quelli che più mi stavano sulle scatole. Sembrava che questo legame fosse reciproco. In realtà ho realizzato che non è così. L’unica cosa che sanno fare i miei vecchi insegnanti quando mi incontrano è chiedermi come va l’università. Prima ancora di chiedermi come sto. Potrei incontrarne uno mentre sono sdraiata in barella con attaccata una flebo di adrenalina e un pugnale in una coscia e l’unica domanda che saprebbe farmi è “Come va l’università?”. Oh beh, io mento, insomma, la verità non gliela posso mica dire. Io dico che va bene, va sempre tutto bene, va sempre tutto alla grande.

Io prima di essere una studentessa sono una persona. E’ abbastanza triste quando le persone non lo notano.



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