Sono loro che sono negri. Già.
Venerdì è successo uno di quegli episodi che qualcuno potrebbe ancora non definire come razzista. Una ragazza brasiliana, passeggera su un autobus di Varese, si lamentava con una propria amica del caldo:
Parlavo con un’amica, originaria del Nicaragua, eravamo vicino all’autista, e ci lamentavamo per il caldo, ci chiedevamo come mai non andasse l’aria condizionata.
Quando ecco che ti interviene un altro passeggero, con in braccio un bambino, e accompagnato dalla moglie incinta. Dice di essere un autista non in servizio, e si rivolge alla ragazza:
Cosa volete un tappeto rosso sugli autobus? Vai al tuo paese, negra di m…e non venite qui a romperci i c…
La ragazza – giustamente – non ci sta, e la coppia di padani perde la testa:
La moglie dell’autista non in servizio l’ha graffiata sul collo, l’uomo invece l’ha afferrata per la coda dei capelli, l’ha buttata in terra e ha cominciato a picchiarla. Gli altri passeggeri hanno tentato di difenderla ma gli aggressori hanno intimato a tutti di non intromettersi.
L’epilogo è la parte più incredibile della storia: il conducente dell’autobus – incalzato dal collega razzista – chiede alla ragazza brasiliana di scendere dal mezzo, per ristabilire la calma. I due aggressori razzisti possono invece proseguire.
Cose da anni ’50 negli Stati Uniti. Indegne per un paese civile, proprie di un paese di serie C.
Non so come spiegarvelo, ma il fatto che la donna fosse incinta e che il marito tenesse in braccio un bambino, danno all’accaduto un aspetto ancor più vomitevole.