Sentiva la testa troppo bassa rispetto al solito e gli avvallamenti del vecchio materasso non corrispondevano. Ebbe la netta impressione che quello non fosse il suo letto. Anzi, ne fu sicuro. Allungò la mano in cerca dell’interruttore della lampada da comodino ma trovò il nulla, il vuoto. Non c’era l’interruttore, non c’era la lampada, non c’era il comodino. Fece per alzarsi ma un peso inconsistente sul petto gli impedì di mettersi a sedere come era nelle sue intenzioni.
Sempre più agitato cercò dalla parte opposta l’altro interruttore, quello a peretta che pendeva dal centro della spalliera del letto e che comandava la luce grande. Non c’era, l’interruttore, e non c’era nemmeno la spalliera del letto. Dietro alla sua testa anziché il rassicurante consueto pezzo di legno scolpito da una macchina a controllo numerico c’era il vuoto. La sua mano indugiò a mezz’aria alla ricerca di qualcosa di solido ma non trovò niente.
Cominciò a sudare freddo, freddo intenso e goccioline di sudore che colavano dalla fronte verso le orecchie. Lacrime cominciarono a stillare dai bordi dei suoi occhi spalancati nel buio pesto di quella che, era certo, non era la sua camera da letto. Terrore e ansia e la consapevolezza di trovarsi in un luogo sconosciuto gli annebbiarono i pensieri, la testa prese a girare, le mani a tremare, e un dolore acuminato gli trafisse la spalla e il petto sempre più oppresso da quel macigno invisibile e intangibile. Il respiro si fece corto, sempre più corto, fece per gridare aiuto ma gli uscì solo un rantolo soffocato.
Lo trovarono così, supino sul letto, con gli occhi sbarrati, steso al contrario, coi piedi sul cuscino e la testa in fondo al suo vecchio letto.