Magazine Cultura

Non esistono insuccessi, solo occasioni per imparare qualcosa di nuovo. (cit.)

Creato il 07 settembre 2013 da Margheritadolcevita @MargheritaDolcevita

Super Librarian

Una settimana fa finivo il tirocinio in biblioteca. E’ tempo di bilanci. Mi sono presa i miei tempi per dormirci rifletterci su e questo è quello che ho imparato.

Ovviamente userò un elenco puntato.

  • ho imparato ad usare il tasto TAB (quello con le due freccette), prima non lo usavo mai, invece ho scoperto che è comodissimo, soprattutto per compilare i form;
  • ho imparato che tutto sommato sono capace di stare in mezzo alla gente, quel poco di protocollo sociale che conosco mi basta per risultare educata e gentile. Poi il mondo è pieno di coglioni maleducati di merda ma è comunque importante non mescolarsi. Essere gentili anche con chi gentile non è, per il semplice gusto di non far parte di quella categoria;
  • ho imparato che il lavoro di bibliotecaria a me non dispiace, anzi, mi piace proprio e ho imparato che sono brava e che in un’altra vita potrei essere un’ottima bibliotecaria;
  • ho imparato che mentre nella vita sono incasinata come pochi, nel lavoro (anche se non retribuito) sono una cagacazzi pignola precisina e spaccamaroni. Pure questo lo sapevo già, quando aiuto Anacleto nel suo lavoro sono una scassacazzi, ma quando si lavora (gratuitamente) in una biblioteca essere cagacazzi pigole e precisine aiuta. Busy ovviamente non lo è;
  • ho imparato che molta gente i libri di tutti li tratta male, senza alcun rispetto. Ho perso il conto di quanti hanno restituito libri presi come nuovi ridotti uno schifo;
  • ho imparato che il mondo è pieno di paraculi e di persone con una faccia di tolla da paura;
  • ho imparato che ho molta pazienza. Questo già lo sapevo ma non mi scoccia mica impararlo di nuovo, soprattutto perché è un pregio che in pochi abbiamo;
  • 6a00d8345169e469e2017d3dbba0b9970c-500wiho imparato che la gente ha veramente gusti di merda in fatto di lettura, non essere riuscita a far prendere ad alcuno il romanzo di Fannie Flagg o quello di Steve Martin ne è la riprova. Tutte vogliono Rosamunde Pilcher, Sveva Casati Modignani, Danielle Steel, Barbara Taylor Bradford. Mi dispiace di essere riuscita a consigliare pochi libri, ma le uniche persone che mi chiedevano qualcosa erano signore anziane che cercavano storie d’amore appassionanti e gli unici di quel genere che conosco sono i Mondadori Passione ma non esistono in biblioteca. Peccato perché speravo di poter far di più da questo punto di vista. Almeno ad ogni ragazzo delle medie che arrivava con la lista di libri per le vacanze e che lasciava a me la scelta affibbiavo Benni e Calvino, magra consolazione;
  • ho imparato da sola ad usare il Sebina. Questa è l’unica cosa strettamente da biblioteca che ho imparato, tutto il resto (nell’ordine: fotocopiare, radunare gli elastici o le graffette, incartare libri, mettere in ordine alfabetico o numerico, aprire e chiudere porte con il chiavistello, aprire e chiudere gli scuri delle finestre, usare la colla a caldo) lo sapevo già;
  • ho imparato che soffro di scatti d’ira e di rabbia ma tutto sommato sono in grado di gestirli, Busy ancora tra noi ne è la riprova;
  • di120108ho imparato che ci sono molti genitori a cui non interessa che i figli leggano. Questa è una cosa che merita un approfondimento. Io ero rimasta al genitore che rompe le scatole e al figlio che non ne vuole sapere di aprire un romanzo. Mi sembrava la cosa più naturale del mondo. E invece ho scoperto che esistono genitori che mettono un limite ai libri che il figlio può prendere in prestito (Prendine solo uno, non di più!) e genitori che con estrema naturalezza al posto dei libri da leggere per le vacanze chiedono i relativi film che tanto è la stessa cosa. E non lo so, è una cosa che mi ha stupito. Intanto perché non è la stessa cosa. E poi perché se io avessi un figlio che vuol leggere tanto sarei solo che contenta. Ma come direbbe una mamma moderna: Tu non sei madre, tu non appartieni alla schiera di noi elette, tu non puoi capire. Meglio così allora;
  • ho imparato che dell’autorità costituita non me ne frega nulla. Sembra una frase di una sessantottina senza speranze. E forse lo è. E’ che a me se uno è sindaco o assessore o capo dei vigili urbani non frega una mazza. Non ti tratto meglio o peggio (anzi sì, forse peggio sì), sticazzi se sei assessore. Per giunta assessore alla cultura in un paese che manda avanti la biblioteca con gli scarti del comune;
  • ho imparato, grazie al concorso letterario che ho aiutato a gestire, che ci sono un sacco di poeti e ben pochi narratori;
  • ho imparato che però alla fine solo i narratori vengono pubblicati e i poeti non se li caga nessuno, per cui tanta gente scrive poesie per una gloria che non vedrà mai ed evidentemente è contenta così;
  • ho imparato che le ballerine Baoma di Decathlon sono comodissime e le voglio tutte;
  • ho imparato che se io faccio il mio e sono a posto con la mia coscienza sono contenta, anche se nessuno me lo riconosce. Io ho sempre aperto la biblioteca in orario, a volte in anticipo. Gli utenti, ormai abituati agli orari di Busy, non si sono mai presentati alle 15 in punto, ma sempre alle 15.20 o 15.30, cioè quando Busy apre di solito. Ma io sono stata comunque contenta di aver aperto alle 15, perché era giusto farlo;
  • ho imparato che da sola lavoro bene. E’ una cosa che sapevo già, ma, pure in questo caso, averne la riprova non mi dispiace mica. E non dipende dalla caratura del collega, sia chiaro. Mettiamo Busy da parte (molto da parte). Ho lavorato alcuni giorni con altre due ragazze del comune. Gentili, carine, simpatiche, per l’amor del cielo, il 90% degli italiani pagherebbe per avere delle colleghe così. Però da sola stavo meglio, a mio agio, libera, me stessa. E la noia non so cosa sia, intanto perché io ho vita interiore (come diceva il padre della Ginzburg in “Lessico famigliare”) e poi perché è impossibile annoiarsi in una biblioteca con tutti quei libri da leggere. A questo proposito lascio il link e copio/incollo un pezzetto dell’articolo del C1 scritto di francese fatto e superato (ebbene sì!) a luglio, perché ci sta proprio bene;

Mi è capitato, qualche anno fa, di leggere un breve quanto apocalittico racconto di fantascienza. Non ne ricordo l’autore ma la trama era questa: nel mondo era scoppiata la terza guerra mondiale e le atomiche avevano praticamente spazzato via l’intera popolazione della terra. Casualmente un occhialuto individuo, accanito lettore e critico letterario di professione, si era salvato dalla catastrofe totale ritrovandosi, durante le esplosioni, prigioniero di un caveau di una gigantesca biblioteca. Resosi conto della tragedia esterna, piuttosto che disperarsi, si era entusiasmato all’idea di avere per sé, solo per sé, milioni di libri da leggere per il resto della sua vita. Saltando da uno scaffale all’altro estraeva, annusava, sfogliava romanzi famosi e sconosciuti, testi sacri e profani, antichi reperti, bestseller, poesie, trattati filosofici e scientifici… Solo che, mentre si era arrampicato su una scala in dotazione alla biblioteca per ammirare i libri degli scaffali alti, estraendo un volume particolarmente corposo, urtò inavvertitamente gli occhiali che caddero tre piani in basso ed entrambe le lenti andarono in mille pezzi. Il poveretto non sarebbe riuscito a leggere neppure più una riga di tutta quell’immane ricchezza di parole a sua disposizione. Così, dopo aver lanciato nel vuoto un urlo disperato, aprì la porta del caveau e si diresse verso l’esterno…

Corrado Locati (Professore di italiano e storia, IPS Albe Steiner di Torino)

La Stampa, LETTERA AL DIRETTORE del 18/05/2013

  • ho imparato che se voglio e che se si tratta di fare una cosa che mi piace posso. Volere è potere. Non è proprio vero per quanto mi riguarda. Voler fare qualcosa che piace è potere. Che poi non è nemmeno del tutto vero. Insomma non ho imparato molto in questo punto dell’elenco, ma non sapevo come concludere.

librarians-meme

ps. il titolo del post è una citazione di un autore italiano, indovinate quale

  1. Giacomo LeopardiEpistolario
  2. Federico MocciaScusa ma ti chiamo amore
  3. Lalla RomanoMinima mortalia


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