Non esistono più gli Zampognari di una volta.

Creato il 07 dicembre 2015 da Postik @postikitalia

Di Gianpaolo D’Elia

Si stava meglio quando si stava peggio, non ci sono più le mezze stagioni e, come se non bastasse, i treni arrivavano in orario! E perbacco! Che si sappia! E’ solo un assaggio del campionario stupido o, se preferite, dello stupidario campionato, dei luoghi comuni più noti. Ovviamente solo un assaggio, potremmo continuare e aggiungere: mal comune mezzo gaudio, altezza mezza bellezza e – perché no? –  quando arriva l’8 dicembre si comincia a sentire l’atmosfera del Natale.

In realtà non appartengo a quella categoria di persone che aspetta con ansia il Natale, è vero invece il contrario: il Natale mi provoca ansia! Inutile soffermarsi sui motivi, sono sempre i soliti: i regali (obbligo a cui assolvere sempre di corsa, altrimenti non sarebbero regali natalizi), le cene e i pranzi familiari (ai quali mi piacerebbe assolvere di corsa, ma che invece si protraggono per settimane … in genere fino al periodo pasquale) … etc. etc. Sono cinico? Forse.

Certo che il bombardamento mediatico sulla bellezza del Natale – che in genere comincia subito dopo ferragosto – non aiuta.

Tuttavia non mi lamento. In genere sono sempre sopravvissuto. Come diceva Eduardo? “Adda passà a’ nuttata”. E allora faccio di necessità virtù e fingo di lasciarmi coinvolgere, cioè, in poche parole, mi camuffo. Mi insinuo tra loro, i maniaci entusiasti del Natale, e ne imito atteggiamenti, tic e manifestazioni di gioia.

Tutto questo mi fa sentire più integrato? Per nulla! Però mi diverte. Ma il Natale, poverino, in fondo tutte le “colpe” non le ha. Forse la mia è solo una reazione, un po’ stizzita e infastidita, verso me stesso che, lasciata mio malgrado l’infanzia, mi sono reso conto di aver “lasciato” con lei anche il Natale. E che vuoi fa’? “Questo è il mondo”, diceva Totò, e a noi non resta che adeguarci e, magari, riderci sopra con un po’ di ironia.

A volte, certo, riaffiorano i ricordi: mia madre che, proprio l’8 di dicembre, metteva mano al presepe e all’albero; l’entusiasmo di noi bambini (entusiasmo che scemava al momento dello “smontaggio”); gli zampognari che, puntuali, prima di mezzogiorno si presentavano per eseguire il loro pezzo forte e che, in cambio, ricevevano un bicchiere di liquore. Quale? Non aveva importanza, tanto loro non lo consumavano subito ma, con invidiabile nonchalance, lo versavano in una capiente bottiglia insieme a decine di altri “bicchierini” (mi ha sempre divertito il pensiero di due zampognari che, ciucchi e ubriachi tornano a casa zigzagando allegramente).

Gli zampognari, da che mondo è mondo, si sono sempre mossi in coppia, come i carabinieri. In genere uno suona la vera e propria zampogna e l’altro la ciaramella. Grande dunque è stata la mia sorpresa quando, non più di due giorni fa, ho incrociato uno zampognaro “autonomo” organizzato. Suonava al tempo stesso entrambi gli strumenti con grande maestria.

Ammirato e, sotto sotto, anche un po’ commosso, ho cercato qualche spicciolo nelle tasche, ma lui aveva già puntato dritto verso una signora dall’aria distinta. Spalanca un sorriso da “anchorman”, la guarda e ammiccando: “Bella signora, se volete, sarà gradita un’offerta a piacere”. Un po’ di imbarazzo e la signora, riluttante, guarda nel portafogli: “Mi spiace, ho solo 20 euro”. “E che problema c’è”? – sorride rassicurante l’artista – “Voi quanto mi volete dare? Una bella e gentile signora come voi, almeno due euro”. E, senza aspettare risposta, comincia  a darle il resto: “Dieci, dodici, tredici … mancano cinque euro, signo’. Ma non vi preoccupate, è questione di cinque minuti; le faccio e ve le porto!”.

Eh sì! Non esistono più gli zampognari di una volta,

Gianpaolo D’Elia

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Vignetta di Massimo Cavezzali


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