Ora mi chiedo per quale motivo si stia sollevando uno scandalo diplomatico per il possibile arresto dei due marò della Enrica Lexie che hanno fatto fuori due pescatori indiani. Certo si è trattato di un errore, certo accorriamo lì con le delegazioni diplomatiche, cerchiamo di non farli andare in galera, ma pretendere che l’India non debba mettere bocca nell’incidente perché secondo il capitano della petroliera l’incidente è avvenuto fuori dalle acque territoriali – cosa peraltro da verificare – è completamente fuori dal mondo. Anche perché il ”fatto”, l’eventuale reato sui cui ci sarebbe la giurisdizione italiana ovvero la morte dei pescatori, è avvenuto sulla petroliera italiana, o sul peschereccio indiano? Chiediamoci come la prenderemmo se una nostra imbarcazione da pesca venisse mitragliata e ci fossero due morti. Evento che peraltro è stato sfiorato più volte negli ultimi 30 anni. Cerchiamo di non fare gli indiani sulla questione di sostanza.
E c’è di più. Dopo aver scorso gli articoli dell’Hindustan Time e del Sunday Guardian, ho scoperto con orrore che al dibattito teso, ma civile, fra i lettori indiani e italiani che lavorano in quel Paese, si aggiungono nugoli di italiani in Italia (lo dicono o lo si capisce dall’inglese che usano) che avvelenano l’ambiente definendo gli indiani barbari, gente che non capisce un cazzo, che non ha una marina gloriosa(?) come la nostra. Insomma idioti e protofascisti a cui gli indiani rispondono ricordando le specialità italiane ovvero la mafia. E’ del tutto evidente che sono anche questi interventi che stanno creando un incendio pericolosissimo proprio per i due militari arrestati.
Dentro questo imbarbarimento scopriamo un Paese che mentre trova inaspettate capacità di rassegnazione quando i potenti vicini impongono i massacri sociali, si inalbera quando ritiene di essere in un proprio immaginario diritto, dimenticando che l’era delle cannoniere è definitivamente tramontato. Quindi i responsabili a livello ministeriale la smettano di difendere tesi tipo, “abbiamo sparato in aria” come se gli indiani andassero a pescare sul tappeto volante. Si dica invece che c’è stato un grave errore di interpretazione dovuto alla tensione creata dal precedente attacco di pirati, diciamo che il peschereccio si è comportato in modo ambiguo. Solo smorzando i toni possiamo far sì che il governo indiano, sia quello locale che centrale, non si veda costrett0 dall’opinione pubblica invelenita ad respimgere una transazione. Cerchiamo di nascondere al meglio possibile il fatto che se la nave non fosse state nelle acque prospicienti l’India o qualche altro Paese considerato esotico, che se non ci fossero stati anni di politica xenofoba, se non ci fossero stati tanti inviti a mitragliare gli immigrati, diffondendo così una noncuranza verso la vita degli “altri”, probabilmente ci sarebbe stata più cautela nell’aprire il fuoco.
Insomma ancora una volta cerchiamo di non farci riconoscere e di buttarla sull’errore prima di farci prendere la mano e rischiare che davvero i due marò vengano condannati ad anni di galera. E se proprio dobbiamo rivelare la nostra natura, risarciamo con generosità le famiglie delle vittime. Per il futuro prima di mandare militari a difendere le petroliere, prepariamoli anche dal punto di vista della geopolitica, spieghiamogli che non siamo gli Usa che si possono permettere, come è appunto accaduto per la vicenda del Cermis, di prenderci in giro anche sul risarcimento alle vittime. Ecco, smettiamo di fare i ganzi con chi consideriamo debole anche se poi non lo è affatto e i servi con i forti. Cerchiamo di difendere i nostri interessi e non i nostri pregiudizi. Chissà che questo non serva anche alla politica interna.