Non fior di discorsi, ma opere di bene

Creato il 17 marzo 2013 da Albertocapece

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Me li immagino già i commenti puntuti: ma a quelli de il Simplicissimus non va mai bene niente, non gli piace nessuno, criticano tutto e tutti. E magari saremo solo dei vecchi brontoloni disincantati, scettici blu poco inclini ai riti delle emozioni collettive e consolatorie.
Certo rispetto a Schifani o Fini, peraltro entusiasticamente e scriteriatamente omaggiati dai festosi successori, dimentichi delle loro cattive frequentazioni, pessime esternazioni e produzioni normative di leggi razziali, a firma accoppiata con Bossi, le letterine di Natale dei due neo presidenti hanno un innegabile effetto confortante, ecumeniche come sono, espressione di quella società civile di cui tutti parlano ma dove sia nessun lo sa, dentro e fuori dalle Camere, chiaramente influenzate dal clima edificante del momento.
Salvo qualche piccola sfumatura, salvo qualche intonazione ci sarebbe da sospettare che abbiano impiegato lo stesso ghost writer e attinto allo stesso repertorio retorico, e, intendiamoci, nella retorica non ‘è niente di male, se serve a accendere animi e pensieri e a commuovere ed emozionare per scuotere le coscienze, per suscitare azione e partecipazione, per colmare quel guado che allontana rappresentanti e rappresentati, ceto dirigente e cittadini.

Contagiati da subito dalle aule, dal cerimoniale delle inamovibili mummie, dagli obblighi di ruolo istituzionale, hanno sciorinato valori e concetti quasi unanimemente accettabili. E chi non sentirebbe l’obbligo di affrontare il terzo mondo interno dopo aver frequentato quello esterno, e chi essendo stato sul fronte della lotta alla mafia, non attribuirebbe priorità ai temi del ripristino della legalità e della guerra contro la criminalità organizzata?
Certo dobbiamo vederli alla prova anche se è probabili che non ne avranno il tempo. Ma le lettere di intenti, come le agende, i punti da 1 a 8, i pistolotti piacioni, i roboanti richiami alla responsabilità, rischiano di rimanere al livello generico di slogan se non sono sostenuti da scelte di fondo.

Farsi carico di nuovi poveri e esodati vuol dire rovesciare l’iniquo tavolo predisposto dalla Fornero, con la cancellazione simbolica dell’Art.18, guardare con occhio solidale agli anziani deve significare mettere mano a una riforme previdenziale perversa, difendere la Costituzione è anche rafforzare i suoi contenuti lacerati e feriti in tema di diritti come di sovranità, ripristinare la legalità deve consistere in qualcosa di più profondo e potente che condurre a termine qualche operazione di successo, che peraltro Grasso ha riconosciuto anche a Berlusconi. Deve voler dire rompere quel circolo vizioso che lega indissolubilmente criminalità organizzata, evasione, riciclaggio, tolleranza delle trasgressione, sdoganata tramite condoni e scudi. Significa soprattutto andare in guerra contro la corruzione, che ha dato vita al connubio osceno tra malaffare, gestione della cosa pubblica, amministrazione dello Stato, politici, e della quale nessuno dei due pudicamente ha parlato, come se l’antipolitica fosse effetto di istinti umorali della gente, come se per far entrare la buona politica nelle aule sorde e grigie bastasse il ricambio delle facce e non delle idee e delle scelte, quelle tanto per fare degli esempi, sostenute più che accettate per un anno, dagli F35 alla “riforma” del lavoro, dal pareggio in bilancio alla fiscal compact, dalla legge “per” la corruzione, all’inazione sul fronte dalla riforma elettorale, dai tentativi di cancellazione della volontà popolare in materia di beni comuni, all’attacco a scuola e welfare, insomma quelle armi sguainate contro i poveri, contro i cittadini, che temo continueranno a sentirsi esterni, estranei, marginali, puniti, soli.


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