Non hai mai capito niente

Da Marcofre

Frammento dalla mia raccolta di racconti “Non hai mai capito niente”.  

Buona lettura


Era domenica. Lui si affacciò sulla soglia della camera da letto verso le dieci, il passo pesante dentro un paio di ciabatte troppo grandi. Osservò il corpo seminudo della moglie disteso sul letto; dal respiro concluse che era sveglia. Si schiarì la voce un paio di volte, e disse:
– Ti alzi?
Una fitta allo zigomo sinistro gli fece portare la mano al volto. La sera prima si erano pestati per bene, e l’avevano finita solo perché temevano che i vicini avrebbero chiamato i Carabinieri. Non erano passati nemmeno undici mesi dal matrimonio. Lei mosse i piedi sotto il lenzuolo, non rispose. Lui si voltò, uscì dalla camera e mormorò:
– Cazzo.

Era arrivato a casa alle undici, e non aveva trovato la cena. Aveva chiesto spiegazioni, il tono della voce si era alzato; si era messo a urlare di fronte al silenzio della moglie, seduta al tavolo della cucina con una sigaretta tra le mani, gli occhi fissi davanti a sé.
D’un tratto lei aveva gettato a terra il mozzicone, era balzata in piedi, era rimasta immobile per alcuni secondi. Aveva estratto il sacchetto della spazzatura dal bidone e glielo aveva mostrato. Aveva gridato che lui smetteva di lavorare alle sei, e dal magazzino a casa ci si impiegava al massimo dieci minuti, a piedi. La cena era rimasta in tavola sino alle otto e lei ne aveva abbastanza di aspettare i suoi comodi. E il suo cellulare sempre spento. Aveva ficcato le mani tra i rifiuti, abbrancato un po’ di fusilli e glieli aveva gettati in faccia. Lui l’aveva colpita con un manrovescio. Di seguito calci, pugni, morsi, schiaffi, poi si era passati alle stoviglie.
In cucina si passò una mano sui capelli, aprì la finestra per cambiare l’aria, alzò la tapparella e tornò a contemplare il disastro. Il pavimento ero cosparso di cocci di vetro, piatti e tazzine frantumate, acqua, rifiuti, posate, pezzi di stoffa.
Prese alcuni sacchetti della spazzatura, la scopa e la paletta e fece ordine. Buttò sul pavimento i frammenti che ricoprivano il tavolo quadrato, rovesciò le sedie e le sistemò sul piano. Spostò il divano sul quale aveva dormito, raccolse i frammenti di vetro che erano finiti lì dietro. Riempì due sacchi, li legò e li portò accanto alla porta d’ingresso; forse era tempo di usare piatti e bicchieri di carta, pensò. Nella dispensa recuperò un paio di stracci, tornò in cucina e asciugò il pavimento.