Non hai mai capito niente – La gioia che ci hanno tolto

Da Marcofre

Altro racconto (o meglio: nuovo estratto) della mia raccolta: Non hai mai capito niente. Non è inedito poiché è già apparso sul blog di Morena Fanti, un po’ di tempo fa. Lì però lo avevo pubblicato per intero, perciò se qualcuno vuol sapere come va a finire (male, c’è bisogno di dirlo?), può farlo. Si intitola “La gioia che ci hanno tolto“.

Buona lettura


Si è alzato dal letto un paio di ore fa e se ne sta disteso sul divano, a guardare la televisione. C’è una trasmissione che pubblicizza la vendita di stufe a pellet. Dura una quindicina di minuti, poi un breve stacco pubblicitario e ricomincia. È uno di quei canali che mandano in onda solo questo genere di cose.

Gli dico:

  • Non ne usciremo più.

Lui fa una specie di grugnito. Dopo qualche minuto di silenzio sbadiglia. E dice:

  • Se tutto quello che hai da dire è questo.

Non aggiunge altro. Aspetto che parli, e lui invece alza il volume della televisione. Spengo la sigaretta nel posacenere, appoggio la schiena alla sedia, e lascio cadere le mani in grembo.

Siamo senza lavoro da un paio d’anni; i risparmi che abbiamo messo da parte stanno per terminare. A parte qualcosa in nero, e tante promesse, non riusciamo più a rimetterci in carreggiata. Pulizie delle scale, sgomberi delle soffitte o delle cantine. A volte stiro per le vicine, e loro mi danno qualcosa: pasta, una confezione di caffè, un po’ di soldi.

Abbiamo acquistato un furgone usato, quando abbiamo avuto l’idea di inventarci questo lavoro degli sgomberi di cantine e soffitte. Ma pagano poco e ci chiamano sempre più di rado, perché spunta qualcuno che prende meno euro di noi.

Tra qualche mese il furgone deve fare la revisione; a ottobre mi pare. Un amico meccanico gli ha dato un’occhiata tre settimane fa. È uscito dall’officina Fiat a Legino, le mani nelle tasche della tuta, strascicava le suole sull’asfalto. Ha guardato il mezzo, poi noi e di nuovo il mezzo. Si è avvicinato senza fretta, sul volto aveva un’espressione perplessa. Ha appoggiato una scarpa al paraurti, ha spinto un paio di volte per verificare gli ammortizzatori, o le sospensioni. Non capisco molto di queste cose. Si è spostato dietro e ha ripetuto l’operazione. Ha controllato le spazzole dei tergicristalli, gli pneumatici. La smorfia sul volto pallido si è fatta più decisa. Franco ha detto che il motore gira che pare un gioiello. Però ha subito aggiunto:

  • Non sono un esperto. Tu ne sai più di me.

Quello lo ha guardato, si è passato il dorso della mano sinistra sulle labbra:

  • Certo.

Si è chinato, ha guardato sotto. Quando si è rialzato ha crollato la testa, si è pulito le mani, le ha passate lungo le cosce; secondo lui è buono per la demolizione. Non vale la pena metterci le mani, spendere. Quell’accidente di furgone ha pure la marmitta bucata.

Ci ha detto:

  • Ho dell’usato, se vi interessa.

Io e Franco ci siamo guardati; per pura cortesia gli abbiamo risposto che ci interessava. Sapevamo che non ne avremmo fatto nulla. Ci siamo fermati mezz’ora, abbiamo visto un paio di modelli, lui insisteva per farceli provare, un giro lì attorno. Abbiamo rifiutato. Siamo andati via con la promessa che ci avremmo pensato.

La povertà è brutta perché ti fa dire un sacco di bugie.


Non hai mai capito niente. 12+1 racconti di Marco Freccero

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