Non in classe, ma a scuola

Creato il 06 novembre 2011 da Povna @povna

L'idea l'ha trovata qui (su segnalazione di un amico dell'altro mondo, ma che sa bene di che cosa si parla, perché ha insegnato per anni anche a scuola). Non starà a fare le pulci ai dettagli che non la convincono (che pure ci sono), perché non è questo il punto. Il punto è che trova la provocazione (?) molto interessante, e ne condivide l'impianto sostanziale. Ne ha discusso anche un po' con la Collega di Snape, sul crinale della domenica, e quello che qui riporta, brevemente, è il frutto delle loro elucubrazioni. 
Posto che sostenere che l'età pensionabile non si tocca è una cosa non solo utopistica ma che – perlomeno per una larghissima parte di lavori, e nel lungo periodo – grida proprio alla mancanza di visione sociale, economica, politica, ma soprattutto biologica, l'assunto di partenza, semplice e geniale, di Mila Spicola si basa sulla consapevolezza che si può restare per lungo tempo – anche senza più fare insegnamento in classe – nel mondo della scuola. Perché per insegnare è necessario essere freschi, aggiornati, dinamici, con la testa e il corpo ancora pieni di energie e voglia di fare. Proprio per questo (lei dice su base volontaria, ma alla 'povna piacerebbe arrivare a un modo per cui lo fanno tutti), niente più aula dopo i 55 anni. In compenso, si rimane a fare (e per più anni di quanto sia richiesto oggi), come personale di ruolo e di esperienza, il molto altro di cui ha bisogno la scuola.
Lei propone, per esempio, l'impiego dei docenti non insegnanti in "una serie di attività di paradocenza cruciali e indispensabili, presenti in tutti i paesi civili, che spesso sono le azioni che fanno la differenza, ma da noi non previste o assorbite in modo poco chiaro e definito: recupero degli ultimi e potenziamento dei bravi, formazione e aggiornamento dei docenti più giovani, gestione e organizzazione, funzioni strumentali (oggi svolte sempre dal solito collega), sostituzioni, ricerca e documentazione, tutoraggio, organizzazione laboratori, visite guidate, corsi extracurriculari,  educazione permanente degli adulti, rapporti col territorio". La 'povna (con la Collega di Snape) di suo ci aggiungerebbe l'impegno in incarichi amministrativi che adesso come adesso sempre di più (con i pensionamenti e le mancate assunzioni nuove di rincalzo) latitano (uffici protocollo, gestione alunni, ammistrazione dell'organico, così, tanto per dire); e poi le funzioni di vicario e vicepreside, che ora sono affidate ai docenti in servizio, previa l'applicazione (totale o parziale) dell'Istituto dell'esonero, e che invece in questo modo, anche dal punto di vista della docenza in classe, farebbero 'risparmiare' ore. A questa lista lunga e potenzialmente in fieri, la 'povna aggiungerebbe poi anche un'ultima mansione. Vale a dire l'impiego dei docenti non insegnanti (previo corso di formazione, ovvio) nel ruolo stabile – come avviene in Francia e in Svizzera – di ispettori. Va da sé che un modello del genere presuppone che non tutti facciano tutto, e che ci siano, a seconda di disponibilità, attitudine, competenze (anche a parità di stipendio: perché qualcuno potrebbe essere un formatore pessimo, ma avere un genio per i'amministrazione), scelte e selezioni: per evitare, tanto per fare un esempio, che qualcuno come il professore Torre finisca a fare (male, così come ha insegnato malamente) il giro di ispezioni.
Insomma, la proposta è perfezionabile, ovvio. Ma la 'povna è rimasta colpita, molto, perché, per una volta, il sano buon senso che fa scoprire l'acqua calda si è messo – nell'elaborare un sistema che tenga conto del dato di fatto – a servizio dell'ideale. Proprio per questo, chissà, non se ne farà proprio niente. Oppure (il che è anche peggio), si inizierà a spaccare il capello in quattro, a parlare delle virgole. A seguire (purtroppo ultimamente accade spesso) la via del benaltrismo; continuando a indicare, in una notte tersa, senza nuvole, il dito e non la luna.