Non Lasciarmi

Creato il 10 marzo 2013 da Mattia Allegrucci @Mattia_Alle
Dopo la sua unica pellicola cinematografica interpretata da Robin Williams, Mark Romanek ritorna sul grande schermo per riadattare in immagini il romanzo che porta lo stesso nome del film ma che ha la firma orientale di Kazuo Ishiguro. Non lasciarmi è ambientato in una realtà distopica in cui esistono dei college all'interno dei quali i bambini vengono cresciuti e istruiti al fine di poter compiere il loro destino: essi sono infatti dei cloni creati con lo scopo di donare i loro organi alle rispettive controparti per poter salvare la loro vita. Scritto per lo schermo da Alex Garland ancor prima che il romanzo venisse pubblicato, il film mette in risalto il dramma interiore sia degli umani che dei cloni, sottolineando tematiche importanti come la speranza, il senso di comunità, l'appartenenza ad un genere e il possesso di un'anima. Tematiche che, purtroppo, sono state analizzate più e più volte all'interno della cinematografia e che danno allo spettatore un terribile senso di deja-vu (The Island di Bay e l'acclamato Blade Runner di Scott sono i primi che saltano alla mente) e si sa, il cinema è spietato e se non si affronta un'idea in maniera originale, si rischia la stroncatura della pellicola più da parte del pubblico che da quella dei critici. La non originalità dei temi viene però sostituita dall'interessante visione tragica e drammatica del regista Romanek, che già aveva dato prova di sé sul grande schermo con il discreto One Hour Photo e che ancora una volta si avvale di un ottimo cast per poter raccontare ciò che più gli interessa, ovvero i rapporti tra i tre protagonisti portati sullo schermo dall'ingenuo Andrew Garfield, dalla dolce Carey Mulligan e dall'egoista ma buona Keira Knightley. Oltre alle belle facce di questi tre principali personaggi, ciò che fa vivere Non Lasciarmi è la bellissima messa in scena a metà tra il reale e l'utopico, mix messo in evidenza soprattutto nella prima parte in cui i protagonisti sono ancora bambini all'interno del college, ignari del destino che attende loro in un futuro non troppo lontano. L'attaccamento alla vita, l'accettazione del fato, la presa di coscienza delle proprie responsabilità; su questo si incentra il viaggio dei tre personaggi (oltre ai temi già citati sopra), che riesce a creare un'atmosfera particolarmente emotiva ma che però non riesce a colpire appieno lo spettatore a causa di una lentezza eccessiva che trasforma alcuni momenti in noia. La sceneggiatura di Garland non spicca per ritmo e rischia a lungo andare di trasformare un film decisamente introspettivo in un polpettone retorico e già visto, che può certamente funzionare in narrativa, ma che al cinema ha bisogno di altri canali attraverso i quali esprimersi. Per fortuna la mano di Romanek salva il risultato finale, avvalendosi di ottimi collaboratori come il direttore di fotografia Adam Kimmel, i costumisti Rachel Fleming e Steven Noble, il direttore artistico Paul Cripps e, soprattutto, la vincitrice del premio Oscar Rachel Portman, che con le sue musiche riesce ad incantare anche nei momenti più lenti e lunghi. Insomma, un film che sicuramente non rimarrà nella memoria di chi ha apprezzato l'esordio cinematografico di Romanek, il quale è più un autore di video che un cineasta vero e proprio, tuttavia anche qui si sente un leggero respiro artistico davanti al quale non si può fare altro che sperare possa diventare un vero e proprio vortice autoriale che ci regali ben altri film più belli di questo e con meno problemi di narrazione. Un voto positivo nella speranza che questo regista possa incanalare la strada giusta.


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