No, non parliamo di Facebook.
Come lettore forte e al contempo sempre in cerca di nuovi stimoli, mi capita spesso di cambiare idea su scrittori che seguo da molti anni. Spesso e volentieri questo mutamento d'opinione è in negativo: autori che un tempo mi piacevano subiscono una lenta ma inesorabile parabola decrescente di gradimento, per poi essere abbandonati del tutto.
Un esempio clamoroso è quello di Stephen King.
Scrittore di cui fino a una quindicina di anni fa ero fan, e che al momento mi lascia più che altro indifferente. La buona prova di The Dome, romanzone gradevole e accattivante, non mi ha comunque spinto a recuperare i lavori più recenti del Re, che ho snobbato a suo tempo e che continuo a snobbare. Vale a dire che per me King è diventato uno scrittore come tanti altri: leggo i suoi romanzi solo se l'argomento mi interessa e se le recensioni dei blog di fiducia ne parlano bene.
Un bel cambiamento, rispetto ai tempi in cui avrei letto anche la sua lista della spesa.
Ma non è certo l'unico in lista.
Un altro scrittore che mi praticamente svezzato, ma che ora non leggo più, è Terry Brooks. Il ciclo di Shannara è ottimo, almeno fino al quinto/sesto libro. Poi le riproposizioni delle solite tematiche diventano talmente stucchevoli che sembra di leggere sempre la stessa storia. Con l'ultima sotto-saga (si dirà così?) Brooks ha cercato di cambiare leggermente il tiro, ma il sapore del brodino riscaldato è cambiato di poco. Del resto, con una miriade di fans bisognosi sempre della medesima droga, perché rischiare qualcosa di veramente nuovo? Un giorno dovremmo poi parlarne, dei fans di un certo tipo di narrativa fantasy. Il loro bisogno di leggere sempre le stesse cose, variando solo qualche nome e qualche elemento secondario della struttura/trama, è una manna per gli editori e una catastrofe per il genere.
Farò anche un altro nome, conscio di attirarmi antipatie e insulti: Alan Altieri. I suoi primi romanzi sono ottimi. Quanto di meglio offre la narrativa di genere italiana, nonché vendibilissimi anche all'estero per trama, stile e tematiche. A dire il vero anche i recenti romanzi medioevaleggianti della serie Magdeburg sono godibili, ben costruiti e ben scritti. Gli ultimi racconti invece hanno subito un inasprimento del linguaggio che lascia spiazzati. A leggere frasi come Yo mothafucka, brotha! Ogni 4/5 paragrafi viene un certo mal di pancia. Ma in questo caso ammetto che il limite è mio, non dell'autore. Speriamo che ritormi a uno stile più narrativo e un po' meno cinematografico, anche se la vedo dura.
Poi ci sono gli autori che ho continuato ad apprezzare fino all'ultimo libro, che però oggi non riuscirei più a leggere. Isaac Asimov è il primo nome che mi viene in mente. Niente da togliere alla bravura del noto scrittore, ma la sola idea di riprendere ora in mano i suoi romanzi mi causa un po' di sbadigli.
In compenso non mancano gli autori che continuo a leggere più o meno con la medesima passione, anche dopo 20 e passa anni di “frequentazione”. Dan Simmons, per esempio (pur alternando capolavori a romanzi confusi e riusciti a metà, come Gli uomini vuoti). Oppure Harry Turtledove, o Danilo Arona.
A questo punto mi viene però spontaneo chiedervi quali sono – se ci sono – gli scrittori che avete progressivamente abbandonato in questi anni. E anche perché lo avete fatto.