Premessa: questo post vuole essere un po’ provocatorio.
Stasera guardando l’infedele (che a proposito consiglio vivamente di visionare, probabilmente la trasmissione con gli invitati più preparati – culturalmente e tecnicamente – nell’intero panorama della televisione italiana, e con approfondimenti di ampio respiro su temi generalmente non trattati e non così approfonditamente) sono stato particolarmente innervosito da un intervento in studio che ha troncato di netto una discussione molto interessante.
Giovanni Dosi (economista e titolare della cattedra di economia alla Scuola Superiore di Studi Universitari di Sant’Anna a Pisa) stava infatti rispondendo alla domanda di Gad circa il suo pensiero sulla crisi e la Grecia. Partendo da una considerazione più ampia, riguardo alla crescita negli ultimi vent’anni del valore dei prodotti finanziari a livello globale, passati dall’80% del pil mondiale a 4 volte e mezzo il pil stesso, con la conseguenza dell’aumento della richiesta di remunerazione del capitale e quindi della diminuzione del rimanente prodotto in salari e pubblico intervento, era giunto (dopo neanche cinque minuti) alle considerazioni sulle possibili politiche economiche da adottare: Dosi è un economista di stampo più Keinesiano che Liberista (alla Milton Friedman), e in quest’ottica stava per commentare il ruolo e le scelte di politica economica dei cosiddetti “tecnici” quando subito è intervenuta (interrompendo) un’altra ospite in studio. Alla fatidica parola “tecnico” ecco che si sono rotte le acque: “e allora dov’è la democrazia?”, e interrompendo di nuovo subito dopo (e definitivamente) “la democrazia non esiste più?”.
Interruzione infelice: Dosi non stava commentando se l’insediamento di tecnici è giusto o no: stava considerando le scelte Macroeconomiche che stanno effettuando alla luce di un determinato modello. Tutta un’altra cosa quindi.
Dopo tale preambolo (mi scuserete per la lunghezza) la mia riflessione è questa. Oggi tutti parlano di economia: tuttavia la conoscenza della materia lascia generalmente a desiderare. Infatti nessuno pretende che tutti siano esperti di Macroeconomia; ma allora perché non lasciamo parlare chi se ne intende? Nelle trasmissioni e nei giornali (ossia nei mezzi principali di informazioni) mancano quasi sempre articoli tecnici sull’argomento. Perché vogliamo fare tutti i professoroni allora, non ascoltando e virando su argomenti a noi più facili? Se a me si guasta la macchina, di certo non mi metto a discutere di motori col primo che passa, e se vado dal meccanico non mi metto a interromperlo mentre cerca di spiegarmi il problema. Prima si impara poi si insegna mi dice la logica.
In una materia complessa e in continua evoluzione e approfondimento come l’economia ciò risulta ancora più complicato. E’ facile parlare dei problemi a noi vicini, che possiamo toccare per mano (vedi stipendi, aumenti dei prezzi ecc.). Ma per poterne discutere con cognizione di causa bisogna conoscere i meccanismi generali che muovono tutto questo, ossia la Macroeconomia; e da cui derivano le scelte di Politica Economica che influenzano tutti quei piccoli e singoli aspetti della vita quotidiana di cui parliamo tanto frequentemente e animosamente.
Neanche gli economisti sono unanimi sulla Macroeconomia, anzi esistono vari filoni di pensiero diametralmente opposti, come ad esempio Keinesianesimo e Liberismo. L’adozione di un modello o dell’altro a livello nazionale, europeo e mondiale determina enormi cambiamenti nella nostra vita, sia a breve che a lungo termine.
Informiamoci quindi. Diventiamo padroni delle nostre scelte consapevolmente. Quando andremo a votare, sapremo esprimere la Democrazia al meglio.
Ma se non si è minimamente infarinati dell’argomento, vi prego, non parliamo a vanvera.