Che il nostro fosse un Paese strano, disorganizzato, con un’amministrazione pubblica che ostacola la vita dei cittadini invece di agevolarla, l’ho sempre saputo. E’ il retaggio di tanti anni di diverse occupazioni, mi sono sempre detto: gli spagnoli, il Papato, i francesi, gli austriaci e poi i tedeschi, gli americani e adesso l’Europa. Il nostro non è mai stato un vero Paese, tranne (forse) quando la nazionale di calcio gioca i mondiali: siamo pieni di contrasti e diversità, ma io ne ho sempre fatto una ricchezza, tanto grande da farmi accettare di vivere in Italia, nonostante tutto. Per me pesavano l’arte immensa, grandiosa, che pervade la nostra realtà quotidiana, la cucina stellare, diversissima perchè legata ai territori e i propri prodotti locali e proprio per questo di una qualità inimitabile, la visione di una società più umana, più attenta al sociale e meno condizionata dall’egoismo che impera nel mondo globalizzato, gli scenari mozzafiato che la natura della nostra penisola, immersa nel Mare Mediterraneo per tre lati e percorsa dalle montagne fina dalla spina dorsale, riesce a offrire anche a un visitatore frettoloso.
Poi, prima ancora della crisi profondissima, mondiale, che ha colpito la civiltà occidentale e da cui l’Europa e l’Italia più degli altri fatica a uscire da oramai 8 anni, siamo giunti al disastro di oggi. Non si contano più gli amministratori corrotti a ogni livello istituzionale che hanno rubato alla collettività o commesso indecenti prestazioni morali suscitando lo sdegno internazionale, la criminalità dilaga, affondando le sue radici nel territorio e nelle imprese, alimentando la distruzione o il sovvertimento delle regole di convivenza e di controllo. E il sistema crolla: i servizi offerti dalle istituzioni al pubblico collassano sotto il proprio peso esagerato e sotto quello dei tagli lineari effettuati dal governo. Non solo servizi essenziali che rendono un Paese “civile” come la giustizia, la sanità, l’istruzione o la ricerca, ma ogni tipo di servizio, dalla raccolta dei rifiuti, ai certificati, i trasporti, le tasse o la salvaguardia dei (preziosissimi) beni artistici e del nostro territorio. Allo sfascio partecipano i privati, ovviamente, con le banche in primissima fila, che hanno bloccato la circolazione dei capitali, compresi quelli elargiti dalle istituzioni per evitarne il crack, in attesa della prossima scoperta di criminali buchi in bilancio. Senza capitali, un Piano Industriale per lo sviluppo (o anche solo di sostegno) e la atavica mancanza di preparazione professionale dei manager, le nostre imprese cedono: le piccole e medie imprese chiudono, le grandi perdono sfide cruciali sui mercati internazionali: entrambe licenziano (anzi mettono in cassa integrazione e quindi sul bilancio pubblico) milioni di lavoratori, in ogni settore, compresa la moda, che registra incrementi di fatturato da record , ma che oramai si è “globalizzata” e produce in pianta stabile nei Paesi in via di sviluppo. La disoccupazione raggiunge livelli insopportabili sia in termini di economia reale con un drammatico calo dei consumi, che in termini di impatto sociale, con il 38% dei giovani senza un lavoro, il drammatico incremento della povertà della popolazione intera.
Non so se ne potremo uscire sani e salvi perchè di ossa rotte se ne vedono a perdita d’occhio, ma sopratutto non riesco a vedere una prospettiva per il futuro.
Dopo un mese e mezzo dalle elezioni, stiamo ancora a discutere, con stucchevoli giochi delle parti tra infiniti e improbabili rifiuti e aperture per la salvaguardia dei rispettivi partiti politici o movimenti che siano. Il mondo ci urla di correre al doppio della velocità perché sente gli scricchiolìi del sistema Italia e se ne preoccupa anche per l’impatto finanziario che avrebbe il crollo della settima economia mondiale, ma noi continuiamo in un minuetto bizantino, assurdo, incomprensibile, irresponsabile.
Ancora stiamo discutendo sugli stipendi della Casta o sui costi della politica? Ci mancherebbe altro che non fossero falcidiati, almeno come esempio di solidarietà per quello che stanno subendo i cittadini: su questo ad esempio tagli lineari andrebbero benissimo, visto anche che il servizio offerto al pubblico è già scarsissimo e adesso del tutto inesistente. Una legge elettorale quantomeno equa (ad esempio come quella a doppio turno con cui eleggiamo le amministrazioni locali), quella anti-corruzione o quella contro il conflitto d’interessi? Ma vi sembrano argomento di trattativa o di semplice discussione?
Non hanno capito che è un loro DOVERE governare il Paese, perchè è proprio per questo che li abbiamo eletti (Dio, come mi pesa anche solo scriverlo!) e si comportano come dei mandarini chiusi nella loro Città Proibita, disturbati solo dal canto di un Grillo isterico e intransigente, che non ha capito che la politica è mediazione, per ottenere risultati concreti. A lui, che ho votato, vorrei far presente che l’integralismo non ha mai giovato all’umanità, che le rivoluzioni si fanno (e su questo nessuno potrai mai togliergli il merito di avere scosso il Paese) con lungimiranza, passo dopo passo, ascoltando la gente e portando i risultati promessi e non certo chiudendosi in splendido isolamento su una barca che affonda.
Non mi aspettavo di vivere un periodo così nella mia vita e sono arrabbiatissimo: è in gioco il futuro della mia famiglia oltre che di quello del Paese in cui sono nato, che ho sempre amato e che comincia a disgustarmi.