“Non posso rimandare l’amore al prossimo secolo” di Antonio Amos Rosa

Creato il 28 dicembre 2013 da Viadellebelledonne

Poesie 1958-1999

Traduzione e cura di Vincenzo Russo, Manni, 2006

 

Non posso rimandare l’amore al prossimo secolo

non posso

anche se il grido soffoca in gola

anche se l’odio scoppia e crepita e arde

sotto montagne grigie

e montagne grigie

Non posso rimandare questo abbraccio

che è un’arma a doppio taglio

amore e odio

Non posso rimandare

anche se la notte pesa secoli sulle spalle

e l’aurora indecisa indugia

non posso rimandare al prossimo secolo la mia vita

né il mio amore,

né il mio grido di liberazione

Non posso rimandare il cuore.

Sillabe

Sillabe.

L’alcool di dicembre è freddo e roco.

La sigaretta è amara. È una sigaretta clinica.

Sillabe.

Con le sillabe si fanno versi.

La superficie del tavolo è liscia.

Un cucchiaio è una forma complessa

familiare e deliziosa.

Un bicchiere è nitido

come un cameriere senza servilismo.

Una donna si condensa

nello sguardo del poeta.

Un corpo. Due sillabe.

Il denaro contato. Il colletto dell’impermeabile

per tapparsi la nuca

e le orecchie.

Sillabe.

Per un amico ho sempre un orologio…

 

Per un amico ho sempre un orologio

dimenticato in fondo di qualche tasca.

Ma questo orologio non segna il tempo inutile.

Sono resti di tabacco e di rapida tenerezza.

È un arcobaleno di ombra, caldo e tremante.

È un bicchiere di vino con il mio sangue e il sole.

Poesia di un funzionario stanco

La notte mi ha scambiato i sogni e le mani

mi ha disperso gli amici

ho il cuore confuso e la via è stretta

stretta a ogni passo

le case ci ingoiano

ci estinguiamo

sono in una stanza solo in una stanza solo

con i sogni confusi

con la vita al contrario che arde in una stanza solo

Sono un funzionario spento

un funzionario triste

la mia anima non accompagna la mia mano

Debito e Credito Debito e Credito

la mia anima non danza con i numeri

cerco di nasconderla con vergogna

il mio capo mi ha sorpreso con l’occhio lirico nella gabbia del cortile di fronte

e ma l’ha addebitato sul mio conto d’impiegato

Sono un funzionario stanco di un giorno esemplare

Perché non mi sento orgoglioso di aver compiuto il mio dovere?

Perché mi sento irrimediabilmente perduto nella mia stanchezza?

Scandisco vecchie parole generose

Fiore ragazza amico bambino

fratello bacio fidanzata

mamma stella musica

Sono le parole crociate del mio sogno

parole sotterrate nella prigione della mia vita

questo tutte le notti del mondo in una sola lunga notte

In una stanza solo.

Sono sempre più circondato dagli astri

 

Sono sempre più circondato dagli astri

sono un fragile satellite del tempo

Come potrò sapere ciò che non so

ciò che mai saprò se abito a malapena

il vuoto della mia ignoranza circolare

Cerco l’identità in una imprevedibile stella

nel cuore dell’istante

nello squarcio fuggente della poesia.

Sempre più i cerchi tenaci e monotoni

di un mondo che ormai non è degli dei

né degli uomini

si stringono attorno al mio corpo assetato

di uno spazio vivo di profondo universo

e di sorgenti di silenzio e di stelle di silenzio

Sempre più sono un punto vuoto

rinchiuso dai cerchi degli astri

e dalle linee dissonanti del traffico

un monosillabo in mezzo alla nebbia

una bilancia che pesa solo la sua ombra

Ma il desiderio è un serpente nudo senza veleno

che cerca l’alluvione al di là della sabbia sterile

e le parole sono grida rosse che germogliano

sull’abisso tra licheni e spume

scivolando sul tronco della materia iniziale.

Antonio Ramos Rosa, nato a Faro, in Algarve, nel 1924, e morto nell’autunno del 2013, è una delle voci più alte e significative della poesia portoghese del ventesimo secolo dopo Fernando Pessoa. A Faro ha preso parte al Movimento dell’Unità Democratica di opposizione a Salazar. Negli anni 50 si è trasferito a Lisbona. È stato prima impiegato di concetto, poi professore di portoghese, francese e inglese, infine traduttore, quindi poeta a tempo pieno. Ha scritto una sessantina di volumi, tra poesia, saggistica e critica. Questo libro,  di cui presentiamo qualche testo, rappresenta la prima traduzione in italiano delle sue poesie, tratte dal primo volume della sua opera poetica (1956-1973) intitolato Nao posso adiar o coraçao, Lisbona, Plàtano Editora, 1974 e dalle due seguenti antologie: Matéria de amor, Porto, Editorial Presença 1983 e Antologia poética, Lisbona,2001.



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