I due protagonisti affittano con
i rispettivi coniugi due stanze confinanti. Di fronte la spiaggia, di un
candore accecante, e il mare lontano. L’occhio spettatore sa perfettamente che
si amano e si desiderano, sebbene celino la reciproca attrazione producendo un
contegno estremamente riservato. Si scrutano a lungo con silenzioso pudico ritegno,
trattengono le parole all’estremità dei gesti apparentemente neutri di una
cortesia formale. Il sentimento si vela in un intreccio indiretto ma inequivocabile
di attenzioni composte. Si succedono inquadrature di dettagli: orologi, bicchieri,
borse, costumi, occhiali da sole. Una collezione di particolari microscopici che
inoculano una sensazione dolce e solenne di malinconia senza risentimento. Finché,
nelle mani di lui, si materializza un biglietto. Lo apre di nascosto. Reca
scritto con morbida grafia Non potrà essere che altrimenti. Sembra all’istante
una rinuncia dolorosa ma poi, ripercorrendo una seconda volta la frase, capisce.
Alza la testa e nota che la disciplina con cui lei ha sempre sorvegliato l’espressione
del viso si è sciolta in un sorriso complice.
La bellezza dei sogni, come del
cinema, sta nel fatto che possono preparare l’occhio all’imminenza di una
storia senza infine raccontarla.