Le sapevo tutte a memoria le mie parole racchiuse dentro a valigie fatte d’aria e di vento.
Ho creduto di averle sempre tutte a disposizione, le pescavo come si fa
con le carte nel mazzo. Erano sempre pronte a fare da tramite tra
me ed il mondo che mi circonda, a tradurre per me ciò che non riuscivo a dire.
Non ricordo più dove sono rimasta, ho perso il filo del discorso e
non riesco a trovare una vocale.
Sono andate via, così come mi erano state regalate dal fato
si sono annullate in un groviglio di emozioni che non è mio e che
io non desidero ascoltare.
Dentro alle mie vene scorre silenzioso
un abisso di pagine bianche strappate e tagliate
dalle ore che non passano mai.
Sbaglio le frasi ed i contenuti, non mi capisco
e guardo gli altri, che disorientati mi guardano
e non sanno dove ho messo i significati.
Non mi sento più parlare, non odo il suono cinguettante
e petulante della mia voce, non sgrido nessuno, ma odio
me stessa.
Ho perso il ritmo, sono muta e non sono qui, cerco il filo al quale appendermi.
Non ricordo più che cosa volevo dire, confondo tutte le lettere dell’alfabeto
e parlo una lingua che non sapevo d’aver imparato. Mi esprimo a gesti
strani, come un mimo dipinto di vernice bianca
che chiede l’elemosina ai passanti.Quando tornate amiche mie preziose?
Non vi cercherò, non voglio sapere dove vi siete nascoste, sarete voi a dirmelo
quando l’ora scoccherà acuta.