Che il campo magnetico terrestre si stesse progressivamente indebolendo lasciando presagire una sua imminente inversione lo si sapeva da tempo (ne abbiamo parlato anche su Spigolature: http://gianlucagrossi.blogspot.it/2009/06/il-campo-magnetico-terrestre-potrebbe.html), ma che il processo fosse specificatamente in atto in aree precise della Terra è una novità. A diffondere la notizia è uno studio pubblicato su Nature da Gauthier Hulot dell’Institut de Physique du Globe a Parigi. Per riuscire a fornire un quadro dettagliato della circolazione nelle regione più centrali della Terra composte di materiali fluidi a base di ferro, prerogativa del magnetismo terrestre, sono stati utilizzati i satelliti. Gli scienziati hanno messo a confronto i dati recenti registrati dal satellite danese Oersted con quelli raccolti da Magsat venti anni fa: in questo modo è stato possibile verificare per la prima volta dei punti di “flusso invertito” concentrati in due regioni differenti del mantello terrestre. In una zona ubicata sotto l’estrema punta del continente africano, si è visto che il campo magnetico punta nella direzione del centro della Terra, muovendosi dalla parte opposta rispetto a quanto accade normalmente. Mentre è stato possibile appurare una seconda area di inversione, più piccola della prima, in corrispondenza del Polo Nord. Secondo Peter Olson della Johns Hopkins University, a Baltimora negli USA, gli esperimenti mostrano che l’inversione complessiva del magnetismo terrestre non è molto lontana, e che quindi sarebbe utile fin da ora premunirsi contro i due fenomeni che, a causa di ciò, potrebbero maggiormente creare problemi all’uomo: le tempeste solari e la relativa azione dei raggi ultravioletti, e il buco dell’ozono che rischierebbe di aumentare ulteriormente. Il campo magnetico è prodotto dallo sfregamento degli strati nel nucleo interno del pianeta che si ripercuote verso gli strati più superficiali: in questo modo l’energia meccanica si converte in elettromagnetismo, dando luogo a un fenomeno simile a quello dei generatori dell’auto, dove l’energia meccanica viene trasformata in elettricità. L’inversione del campo magnetico terrestre è stato per la prima volta identificato nei primi anni del ‘900. La conferma di ciò la si è avuta dallo studio delle rocce magmatiche. Esse conservano al loro interno il tipo di “magnetismo” relativo a ogni singolo periodo geologico: basta infatti immaginare di percorrere il fondo dell’oceano Atlantico dall’Europa alle Americhe, attraversando la dorsale medio atlantica, per rendersi conto del continuo avvicendarsi di strati di rocce che indicano prima il “nord” a nord, e poi a sud.
Non sarà la fine del mondo, ma il campo magnetico si sta invertendo
Creato il 12 dicembre 2012 da Gianluca1Che il campo magnetico terrestre si stesse progressivamente indebolendo lasciando presagire una sua imminente inversione lo si sapeva da tempo (ne abbiamo parlato anche su Spigolature: http://gianlucagrossi.blogspot.it/2009/06/il-campo-magnetico-terrestre-potrebbe.html), ma che il processo fosse specificatamente in atto in aree precise della Terra è una novità. A diffondere la notizia è uno studio pubblicato su Nature da Gauthier Hulot dell’Institut de Physique du Globe a Parigi. Per riuscire a fornire un quadro dettagliato della circolazione nelle regione più centrali della Terra composte di materiali fluidi a base di ferro, prerogativa del magnetismo terrestre, sono stati utilizzati i satelliti. Gli scienziati hanno messo a confronto i dati recenti registrati dal satellite danese Oersted con quelli raccolti da Magsat venti anni fa: in questo modo è stato possibile verificare per la prima volta dei punti di “flusso invertito” concentrati in due regioni differenti del mantello terrestre. In una zona ubicata sotto l’estrema punta del continente africano, si è visto che il campo magnetico punta nella direzione del centro della Terra, muovendosi dalla parte opposta rispetto a quanto accade normalmente. Mentre è stato possibile appurare una seconda area di inversione, più piccola della prima, in corrispondenza del Polo Nord. Secondo Peter Olson della Johns Hopkins University, a Baltimora negli USA, gli esperimenti mostrano che l’inversione complessiva del magnetismo terrestre non è molto lontana, e che quindi sarebbe utile fin da ora premunirsi contro i due fenomeni che, a causa di ciò, potrebbero maggiormente creare problemi all’uomo: le tempeste solari e la relativa azione dei raggi ultravioletti, e il buco dell’ozono che rischierebbe di aumentare ulteriormente. Il campo magnetico è prodotto dallo sfregamento degli strati nel nucleo interno del pianeta che si ripercuote verso gli strati più superficiali: in questo modo l’energia meccanica si converte in elettromagnetismo, dando luogo a un fenomeno simile a quello dei generatori dell’auto, dove l’energia meccanica viene trasformata in elettricità. L’inversione del campo magnetico terrestre è stato per la prima volta identificato nei primi anni del ‘900. La conferma di ciò la si è avuta dallo studio delle rocce magmatiche. Esse conservano al loro interno il tipo di “magnetismo” relativo a ogni singolo periodo geologico: basta infatti immaginare di percorrere il fondo dell’oceano Atlantico dall’Europa alle Americhe, attraversando la dorsale medio atlantica, per rendersi conto del continuo avvicendarsi di strati di rocce che indicano prima il “nord” a nord, e poi a sud.
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