Non si muove foglia che la domandina non voglia

Da Saporireclusi

NON SI MUOVE FOGLIA CHE LA DOMANDINA NON VOGLIA

Questa settimana abbiamo pensato di iniziare ad illustravi un po la vita del carcere, Sicuramente da parte di chi è libero vi è la curiosità di come è il mondo della popolazione detenuta, anche perché il carcere non è museo ne un cinema e quindi non basta pagare un biglietto per entrarvi. Qualche folle miliardario ha speso fortune per poter magari scorrazzare su una astronave nello spazio, c’è chi ha speso 180€ per un piatto di spaghetti con la bottarga o ancora cifre esorbitanti per lussuose case a Montecarlo. Ebbene anche per loro, non c’è cifra che potrebbero spendere per entrare a visitare un carcere. E pensare che in carcere ci si può entrare anche per nulla, e il vero dramma è che ci si può anche restare per nulla.
Oggi vi citiamo in cosa consiste un elemento essenziale, quasi di sopravvivenza, del detenuto: la domandina.

LA DOMANDINA: Tipica parola bonsai che rappresenta, come spesso accade in carcere, un concetto-macigno.

In carcere ci sono:
I secondini (oggi nessuno li chiama più così, solo i giornalisti che non sanno quanto se la prendono gli agenti di polizia penitenziaria).
Lo scopino (colf dietro le sbarre), per finire, se tutto va bene, con il braccialetto (elettronico), nome molto aggraziato per il più tecnologico degli schiavettoni…

La domandina è il modello 393, un pre-stampato che misura una trentina di centimetri, e il cui spazio è diviso in tre:

Prima parte
In alto la stella e alloro della Repubblica più dicitura “Ministero della Giustizia-dipartimento dell’amministrazione penitenziaria”, direzione del carcere, data. Il sottoscritto richiede….. (tre, quattro righe a disposizione).

Seconda parte
Notizie e informazioni su ammontare del pecunio, posizione giuridica, colloqui…..una decina di righe, da compilare a cura dell’Amministrazione.

Terza parte
Decisione…….cinque righe scritte dal Direttore

Ogni detenuto fa in media una, due domandine al giorno….a chi legge le moltiplicazioni del caso.
“Chiedere è lecito, rispondere è cortesia” si dice. In carcere la cortesia è lenta, burocratica, faticosa, umiliante.
Una volta compilata la domandina va allo scrivano, che “la metta in fila”, al capoposto (la lettura è prerogativa di due, tre agenti), poi il brigadiere che la passa agli “uffici addetti” (telegrammi o conti correnti per gli acquisti), poi di nuovo agli agenti, alla firma del direttore, il ritorno al brigadiere ecc…..

La domandina serve a tutto e per tutto: un colloquio con il cappellano, con l’educatore, con il direttore, con un volontario, l’acquisto di qualcosa (di lecito, si intende), dal dentifricio al giornale, un francobollo, un telegramma. Tutto è passibile di domandina in carcere.

Anzi…”dell’apposita” domandina…..
Un detenuto della redazione aveva chiesto (come permesso dal regolamento) che al colloquio con un parente fosse ammesso il suo amato cane (con medaglietta di riconoscimento). Risposta: ” Si, se accompagnato”.

Un altro, essendo stato ammesso al lavoro esterno con articolo 21, voleva una sveglia.
La redazione ha respinto la domandina con la richiesta di precisazioni.
Risposta del detenuto: “per sapere quand’è ora di andare a dormire”

Sembrano barzellette, sono verità. E’ un mestiere sopravvivere in galera.

Giuseppe Gremo e Carmelo La Rosa



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