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Non solo Indie 5 - Thailandia, i connazionali di Koh Yao Noi

Creato il 29 giugno 2012 da Mariagraziacoggiola
   Mi era capitato nella finale dei Mondiali del 2006 di essere a Leh, in Ladakh, a 3.500 metri di quota e di ritrovarmi a fare festa con gli unici 4 o 5 italiani presenti.  
   Questa volta invece la finale degli Europei l'ho vista nell'isoletta di Koh Yao Noi. A ormai notte fonda, quando tutti i 3 mila isolani dormivano gia'  sonni profondi , l'appuntamento era davanti all'unica televisione accesa in un baretto sulla strada che era anche la camera da letto della coppia di proprietari. Sull'isola c'erano al momento quattro italiani, ma all'1,45 (il fuso orario...) siamo sopravissuti solo in due, io e Grabriele, un esperto viaggiatore solitario come me.  Oltre ai proprietari del locale, c'erano altri due o tre isolani sonnambuli e amanti del calcio.
   Il segnale ogni tanto si indeboliva, ma qualcuno si alzava e andava fuori a toccare qualche cavo. Il telecronista thailandese  metteva l'accento al fondo dei nomi dei giocatori e non pronunciava le erre con effetto comico.
   La partita e' andata come e' andata. Dopo i primi due goal, il piu' anziano se n'e' andato rivolgendoci uno sguardo di compassione. Si sa che per i thailandesi fare brutta figura e' la peggiore cosa che possa capitare.
   Dicevo prima dei quattro italiani su Koh Yao Noi. Gli altri due sono ''residenti''. Una e' Manuela,  la proprietaria del Sebai Corner,  splendido angolo intatto di giungla, che e' sposata con un thailandese e ha messo da tempo le radici (e figli) in questa isola. E' come stare in un ''resort'' al costo di una pensione low cost. I bungalow in legno di tek sono fantastici, cosi' come lo sono la veranda sulla baietta omonima di Sebai e il ristorantino. Manuela gestisce perfettamente il locale, uno dei superstiti della mia Lonely Planet di annata 1999. In piu' cerca anche di fare qualcosa per l'ambiente, per esempio usare bottiglie di vetro per l'acqua.
E' lei che mi ha parlato dello sfruttamento irresponsabile dei resort che spianano la giungla, la rimpiazzano con verde artificiale e in piu' sfruttano anche la manodopera a basso prezzo birmana. E poi mettono l'etichetta ''eco resort''. Di Manuela parla anche un curioso libro reportage ''Farfalle sul Mekong" del giornalista Corrado Ruggeri (1994), anche questo ormai archeologia turistica. Dice che il Sebai Corner era accessibile soltanto da una strada sterrata! Ora e' circondato da lussuosi resort e ristoranti chic gestiti quasi tutti da stranieri.
L'altro italiano, invece e' piu' giovane sia di eta' che di esperienza. Romano Frosio, un biondo trentenne, e' arrivato tre anni fa e ha aperto La Luna, trattoria italiana con forno a legna a qualche chilometro dal Sebai Corner, diventata ovviamente la piu' apprezzata e gettonata dell'isola. Capelli lunghi e stile alla Di Caprio (The Beach), si muove perfettamente a suo agio tra i thailandesi. Lascia intendere che ha deciso di mollare tutto e cambiare radicalmente vita. La sua e' una sfida insomma che tanti italiani forse vorrebbero fare e non hanno il coraggio. E lo ha fatto da solo, senza aiuto, forte soltanto della sua esperienza maturata in altri locali in India e Thailandia come dipendente. Quando l'ho incontrato stava mettendo in sesto il locale, chiuso per ferie (adesso e' bassa stagione). Mi ha parlato di come si e' innamorato della Thailandia, quando a 16 anni e' sbarcato a Ao Nang, la spiaggia di Krabi, a un'ora da Koh Yao Noi. Anche lui come Manuela conservano ricordi nostalgici di posti bucolici in Thailandia che non esistono piu' per l'invasione del turismo di massa, del cemento e dell'industria del divertimento. Per quello forse entrambi hanno scelto Koh Yao Noi, ultimo paradiso tropicale al riparo da bordelli e dagli pseudo eco-resort.

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