NON SONO I BELLISSIMI DI RETE 4 – Il conformista

Creato il 13 gennaio 2014 da Fabioeandrea


Allora, oggi, si parla di un film e di un regista che amo profondamente e guai a chi me li tocca entrambi o a chi dice mezzo bah per contraddirmi, perché, guardate, LICENZIATI!

Nel 1970, Bernardo Bertolucci porta in sala un film, prodotto da Italia feat. Francia (oh, mais oui) feat. Germany, che diventa il suo CAPOLAVORO: Il conformista.

Il conformista è la più grande parabola d’angoscia di un italiano che cerca di sembrare uguale a tutti gli altri in un periodo in cui assomigliare a tutti gli altri significava essere fascisti e, quindi, gioca sporco! E vi sento già dire: «Noooo, un altro film politico»… Eh, sì, belli miei! Ve lo sorbite! È un film politico, oltretutto pieno di gravitas, ma non è solo questo, perché la maniera in cui Bertolucci narra questa storia è unica, soprattutto perché la impregna e la impreziosisce di un erotismo sensualissimo ed esplicito che non può che lasciare il segno nella mente di chi lo guarda.

Il conformista è un film che molti non ricordano più. Molti?!? Tutti.

Tutti eccetto Francis Ford Coppola che lo amò così tanto da proiettarlo alla troupe di Apocalypse Now prima dell’inizio delle riprese – e io e Andrea ne sappiamo qualcosa perché siamo espertissimi di Apocalypse Now -.

Cioè, più di questo? Ça va sans dire!!!

Motivi per i quali è un CAPOLAVORO.

1. LA STORIA. Il film è tratto dal romanzo omonimo di Alberto Moravia (che se vi interessa era anche lo scrittore preferito da Moana Pozzi… lo so che non c’entra niente, ma era un’informazione gratuita). Siamo negli Anni Trenta e il nostro protagonista si chiama Marcello (Jean-Louis Trintignant). Il film inizia con lui, in una stanza d’albergo parigino (eh già qui, personalmente, ho un colpo di fulmine), che completamente vestito e ancora sveglio, riceve una telefonata misteriosa, mentre sua moglie Giulia (Stefania Sandrelli) dorme nuda a culo scoperto accanto a lui (non avrà freddo? Sembra di no! eppure, pare che a Parigi sia autunno, mah!). Marcello esce repentinamente dall’hotel e sale su una macchina guidata da un uomo che conosce molto bene… Per andare dove? Vi chiederete voi. Per scoprirlo, dovrete capire chi è in realtà Marcello! E seguirlo in questo viaggio nei suoi ricordi…

2. BERTOLUCCI. Quando si parla di Bertolucci, si parla del mio regista preferito… Quindi, non me lo toccate! A soli 28 anni, Bernardo Bertolucci dirige questo film, ricreando con una perfezione maniacale un mondo che non conobbe, ma che imparò ad amare grazie al cinema che lo aveva rappresentato a tempo debito. Ripeto: a 28 anni!!! E io, che di anni ne ho 31, non riesco a tenere in vita nemmeno un pesce rosso! Ogni inquadratura è un tripudio d’arte che esprime ai livelli più alti l’indifferenza di Marcello, il dolore di chi è preda dei suoi intrighi, la sessualità ambigua di Giulia e Anna, ma soprattutto l’estrema simmetria e geometria dello spazio!

3. I BALLI. Sono tre, in tutto, le scene di ballo al quale lo spettatore assiste e tutte e tre molto importanti. Abbiamo quella in cui Giulia balla da sola, nella sua casa, con la luce filtrata dalle persiane che sbatte sul suo corpo in movimento e che ci permette di intuire un po’ che razza di personaggio interpreta la Sandrelli. Poi, il tango di Giulia e di Anna che dovrebbe rappresentare l’ambiguità sessuale delle due donne. E, l’ultima, è quella che abbiamo rischiato di non vedere perché sacrificata (inizialmente) da Bertolucci in fase di montaggio, ovvero, un ballo dei ciechi come metafora delle condizioni del paese in mano ai fascisti. Fortunatamente, è stata reintegrata nel 1992.

4. DOMINIQUE SANDA. Ancora più di Stefania Sandrelli (oggi, pacca-sulla-coscia-danaos) è l’attrice francese Dominique Sanda la vera protagonista femminile di Il conformista. La sua bionda presenza ricorre ossessivamente in tutto il film nel ruolo di Anna Quadri, moglie di un antifascista che Marcello deve uccidere. È lei ha urlare la battuta più importante: «Marcello, non farci del male!». Per il suo ruolo, Bertolucci avrebbe voluto Brigitte Bardot, ma l’attrice costava troppo e allora optò per la Sanda, che aveva visto nel film francese Così bella così dolce di Robert Bresson… e che era decisamente molto più economica!

5. LE DUE MADRI. E non le tre Madri come nella saga horror di Dario Argento. Anche se, forse, queste due fanno più paura di quelle tre! Qui, abbiamo due attrici di eccezionale spessore a ricoprire due ruoli marginali, ma non troppo. Da una parte, la madre di Marcello interpretata dall’attrice e cantante Milly. Una madre morfinomane, ancora sessualmente attiva, molto alcolizzata e snob. Un simbolo del cinema dei telefoni bianchi che però, al momento giusto, seppe fuggire in America – assieme a molte altre attrici di casa nostra – per non lavorare sotto il Duce. Chapeau a una donna del genere. Dall’altra, invece, abbiamo Yvonne Sanson, che in Italia aveva spesso fatto coppia con il cagliaritano Amedeo Nazzari nei melodrammi di Raffaele Matarazzo. Una donna per la quale mia nonna piangeva a ogni scena strappalacrime. Madre chioccia, aspirante alla ricchezza e ambiziosamente tesa verso uno status sociale più elevato che potrà compiersi solo e unicamente con il matrimonio della figlia. Du’ mostri.

6. LA SEQUENZA DEL TRENO. Chi ha visto Il conformista non può dimenticare e non rimanere affascinato dalla sequenza del treno fra Marcello e Giulia. La scena venne realizzata utilizzando un trasparente (ovvero uno schermo sul quale venivano proiettate da dietro le immagini dell’esterno). Io non vi dico niente, lascio che queste due immagini parlino al mio posto perché poi pensate che sono un porco…


7. SCENOGRAFIA. Il conformista è soprattutto geometria scenica. Ferdinando Scarfiotti ebbe il compito di rendere ogni cosa simmetrica all’interno del film partendo dagli ambienti. Dal ristorante cinese alle camere che i personaggi occupano, fino alle automobili e ad altri locali. E io che sono un tipo ossessivamente puntato verso queste cose non posso che morire di piacere e felice.

8. FOTOGRAFIA = STORARO. Il titolo mi sembra proprio semplificativo. Il grigio di Parigi e della morte di Anna, il rosso della passione nascosta (fra Anna e Giulia) e esplicita (fra Anna e Marcello), mischiata a una più tenue sul marrone dorato o molto scuro nelle scene di intimità fra Marcello e Anna. Vittorio Storaro lascia che questi colori agiscano e accompagnino lo spettatore nella visione, facendogli intuire quel che avverrà… e guidandolo in quell’atmosfera che, oggi, abbiamo volutamente dimenticato perché proibito ricordarla.

9. KIM ARCALLI. A dare il meglio nell’esemplificazione di questa morbosa storia è il montaggio di Franco Kim Arcalli che, dopo questo film, cominciò a collaborare con Bertolucci fino al momento della sua scomparsa avvenuta nel 1978. Kim Arcalli sa tagliare ottimamente una scena e dare ritmo al tutto rasentando la perfezione.

Fabio Secchi Frau


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