E così anche quelle poche volte che vado a mangiarmi una pizza il proprietario o il caposala, durante il suo giro per i tavoli a salutare i connazionali, mi salta sempre. Al massimo mi rivolge una battuta in inglese. A cui io la maggior parte delle volte rispondo con un sorriso e un gesto, continuando a masticare. Anche se so che va a finire così, quando lo vedo sorvolare il mio tavolo per atterrare su quello a fianco tiro sempre un sospiro di sollievo.
A volte ho fatto delle eccezioni ovviamente, in Thailandia, in Cina e in Malesia, e sono pure tornato a trovarli quei ristoratori. Spesso però preferisco restare nell'anonimato. E ascoltare le chiacchiere di chi è convinto che nessuno attorno capisca. Certo, capita raramente di captare qualcosa di interessante, ma di risate sotto i baffi me ne sono fatte molte. Non credo di essere snob, e nemmeno stronzo. Non più della media per lo meno. E' che in questi anni di viaggi mi sono abituato a stare per i fatti miei. Non soffro di solitudine e, a meno che la compagnia non sia valida, preferisco stare da solo. Sono troppo impegnato a fantasticare, a tenere ancorata al pianeta la mia testa costantemente per aria, a raccogliere i grilli che ci zompettano in cima, a controllare la quota della mia mente che svolazza soprappensiero, per dedicare del tempo alle conversazioni di cortesia.
Poi non è colpa mia se chi siede al tavolo di fianco perde il controllo della propria dignità. O se in pizzeria si mettono a organizzare provini per clown.