Storie di ragazzi che non hanno avuto paura di diventare grandi
Non vi è mai capitato di essere compatiti da qualcuno più vecchio di voi, in genere cinquantenni/sessantenni, per il solo fatto di essere nati in questa epoca?
A me è capitato più volte. Parenti, conoscenti, colleghi.
Tutti rigorosamente al di là della famosa linea di salvezza. Ovvero pensionati o quasi.
Non conto nemmeno più tutte quelle persone che in questi ultimi anni mi hanno guardata come si guarda un morto sul letto di morte. Frasi come "Mi dispiace, andrà meglio, coraggio" accompagnate da pacca sulla spalla e sguardo a terra, sconsolato.
Da qui parte il libro di Mario Calabresi. Dallo scetticisimo e dallo scoraggiamento generale che i vecchi stanno passando ai giovani.
Quando anche i liceali, che devono ancora iniziare a vivere, sentenziano che "Siamo nati nel tempo sbagliato" cosa si può rispondere?
Mario Calabresi in questo libro va alla ricerca di ragazzi che non hanno avuto paura. Di crescere, di partire, di buttarsi.
Leggere questo libro equivale a respirare aria sana finalmente.
Ogni giorno ci stordiscono con catrastofi, sondaggi, statistiche al ribasso che anche il più coraggioso a volte tornerebbe sotto le coperte. Figuriamoci un ragazzo con un futuro traballante davanti.
È vero, il mondo è cambiato. Non siamo più nei favolosi anni '60-'70-'80, quando tutti trovavano lavoro al volo, qui era tutta campagna e il cielo era sempre più blu. La vita è dura. Ma la soluzione è forse quella di autocompatirci e aspettare immobili il fantomatico cambiamento? E siamo sicuri che la vita non fosse già dura per qualcuno, anni fa?
"Oggi l'indignazione prevale sull'umorismo e sull'ironia. Si pensa che la vita vera debba essere seria, debba avere la faccia cupa, invece solo con la capacità di sorridere, di avere senso dell'umorismo si possono cogliere degli elementi che non si potrebbero neppure immaginare."
La prima storia che ci racconta Mario Calabresi è quella di Gianluigi Rho e Mirella Capra.
26 e 27 anni, freschi di una laurea in medicina partono per l' Africa per fondare il reparto maternità nell'ospedale di Matany, Uganda. Siamo nel 1970.
Inutile dire che scelgono una strada dura. Sono giovani, pochi e alle prese con una realtà che diffida della scienza e preferisce le cure dello stregone.
Molti, prima della partenza, provano a dissuaderli da questa scelta: la carriera, i figli e una battaglia persa in partenza.
Eppure dopo le difficoltà iniziali le cose iniziano a funzionare. Tra le righe ci arriva l'entusiasmo di questi ragazzi che hanno lasciato tutto per un ideale, il loro. Le parole che usa Mirella sono un mantra che chi ha un desiderio, un obiettivo, un sogno e sta lavorando per realizzarlo, dovrebbe continuare a ripetersi.
"Non temete per noi: la nostra vita sarà meravigliosa, ne sono sicura."
Quello che colpisce di questa storia è che le difficoltà ci sono. Sono tante e spesso portano scoramento, rabbia. Vedere tante vite spegnersi a causa di carestie e epidemie, non poter fare obiettivamente di più.
Cos'è che li spinge ad andare avanti?
Onestamente non lo saprei dire con esattezza perché questo era il loro sogno. Aiuta però guardare sempre avanti, contare le sconfitte e le vittorie, sperimentare e migliorare.
Così si arriva ai primi ragazzi in bicicletta, i primi dottori, le mamme che fanno km e km pur di farsi visitare.
Quella di Gigi e Mirella è una bellissima storia. Vera.
Filo portante del libro che tra un capitolo e l'altro ci racconta anche di altri ragazzi.
Di un ragazzo che dopo la terza media andò a lavorare con il padre nel mulino di famiglia. E ai suoi tempi non arriva la crisi, ma il progresso, che fa chiudere tutto. A lui viene detto "vai a fare il gommista". Con la terza media, a 18 anni, dove poteva andare?
Lui però è un ragazzo attento, che ascolta e osserva. E decide di scommettere: su prodotti biologici e naturali come alternativa a quelli industriali. Inutile dire che vede lontano.
Non c'è solo questo però. In questa storia c'è un ragazzo che ha passione, curiosità e che non si ferma mai.
E poi ci sono tante altre storie, che s'intrecciano tra loro e che potrebbero essere le storie di tanti nostri amici, quelli che partono e chissà quando/se torneranno.
Il libro che ha scritto Mario Calabresi è un bel libro. Storie non di ragazzi che "ce l'hanno fatta" ma di ragazzi che hanno fatto quel passo, sono andati oltre la linea della paura del futuro per realizzare se stessi. E non ce l'hanno fatta semplicemente perché non si arriva mai. Realizzare un sogno, un progetto, sta nel pianificarlo, viverlo e continuarlo, fino alla fine.
Questo è un bel libro, leggero, veloce che dovrebbe leggere chi oggi vede solo quello che non c'è più. Un libro che ti mette voglia di fare, di esplorare.
Un libro che dà voce (e corpo) a uno dei luoghi comuni più sottovalutati: nel mare ci sono tanti pesci.
"Non inchiodatevi al tempo presente e al passato come se fossero le uniche certezze, ma immaginate il tempo futuro. Si è smarrito il concetto di futuro, quindi l'opportunità di poter trovare soluzioni innovative. È sbagliato pensare che le cose rimarrano così: guardate come sono cambiate in dieci anni e avrete la certezza che fra altri dieci il mondo sarà ancora diverso, e non sta scritto da nessuna parte che debba essere in peggio."