Ho rimandato a lungo la lettura del libro, un tempo necessario per far sì che i volti di Castellitto e Penelope Cruz si sfumassero nei miei ricordi, nel frattempo però ho toccato con mano il modo di scrivere della Mazzantini. L'ho conosciuta con quello che, oggi, considero il suo libro più bello: Venuto al mondo. Il suo primo romanzo letto da me, quello che mi è restato nel cuore.
Ogni volta che mi sono trovata ad elogiare questo libro c'era sempre qualcuno che sottolineava quanto anche Non ti muovere fosse altrettanto bello. Non potevo non leggerlo dunque, considerando anche il fatto che Margaret Mazzantini ha un modo di scrivere che si fa leggere volentieri da me, anche quando capita un romanzo che non ha niente di particolarmente speciale, come accaduto ad esempio con Nessuno si salva da solo.
Certo non si può dire lo stesso, che non sia speciale cioè, di Non ti muovere, tra le cui pagine si snoda una storia tutt'altro che banale.
Superficialmente si può riassumere tutto in un tradimento prolungato di un uomo in fuga dalla propria vita e dalle proprie responsabilità, uno stronzo, ecco. Uno stronzo con un nome assurdo: Timoteo, affermato chirurgo, sposato da molto tempo con una donna bellissima ed elegante, Elsa. Conducono insieme da anni una vita al di sopra della media. Lui è un medico, lei una giornalista, hanno carriere importanti e una vita coniugale che per scelta è costituita ancora solo da loro due. Quando, dopo la morte del padre, Timoteo resta orfano, inizia a sentire un vuoto profondo dentro di sé. Non se ne rende nemmeno conto, ma quella vita perfetta fatta di operazioni, viaggi e week end al mare, inizia a stargli stretta. Quella moglie invidiata da molti uomini non è più in grado di amarlo come lui vorrebbe, oppure non è capace lui, ad amare lei. Tutto inizia a scricchiolare fin quando casualmente Timoteo incontra una donna sconosciuta, trasandata, che vive in una desolata periferia, indossa vestiti dai colori sgargianti, va in giro con una borsa patchwork dalla tracolla troppo lunga. Cammina storta, è brutta. Brutta come la sua casa vuota e vecchia. Sopra la porta c'è una chiave attaccata con un chewing gum, dentro ci sono un vecchio divano, un caminetto, un quadro con una scimmia, un tavolino. Un ambiente più distante dal suo Timoteo non poteva incontrarlo. C'è anche un telefono in mezzo al niente di quell'appartamento ed è proprio per usare il telefono fisso, per avvertire la moglie a casa di un guasto alla macchina, che Timoteo conosce quella strana donna e la sua abitazione. Due bicchieri di vodka bastano per fargli perdere la testa, bastano per fargli sbattere al muro la donna sconosciuta, bastano per non farlo fermare davanti alle sue resistenze e ai suoi aiuto.
Inizia con una violenza il rapporto tra Timoteo e Italia. L'affermato chirurgo resta sconvolto dalle sue azioni, ma non riesce a staccarsi da lei e da quel modo che ha di piombare a casa sua solo per sentirsi padrone del suo corpo. Non gli è mai successa una cosa simile. Ne è spaventato. Vorrebbe riattoppare il suo matrimonio, perciò chiede a Elsa di fare un figlio. Adesso è un orfano, ha bisogno di fare il padre. Elsa non sembra d'accordo, ride di fronte alla proposta del marito, gli dice che tanto stanno bene anche così. Ma Timoteo non sta affatto bene, non con Elsa almeno. Lui sta bene solo con Italia. Per lei prova quell'amore incondizionato che non ha mai provato per nessun altra al mondo. Diventano amanti. Un giorno lei gli legge una mano, le hanno insegnato gli zingari a farlo, gli dice che vede un figlio, anzi due, che avrà una vita lunga con un trauma in mezzo, ma sopravviverà.
Tutto giusto. Il primo figlio è quello che scopre di aspettare Italia, quello che prende Timoteo di sorpresa, che lo fa sussultare, che gli fa invocare l'aborto. È un uomo sposato, un primario, non può permettersi uno scandalo del genere. Cambia idea all'ultimo momento però, realizza all'improvviso che quel bambino è frutto del loro grande amore e che perciò deve nascere. Elsa parte per un viaggio di lavoro, Italia e Timoteo ne approfittano per vivere una specie di luna di miele, vivono come due persone sposate, fantasticano sul loro bambino. Italia gli dice che pensa che sia maschio. Timoteo le promette che appena Elsa ritorna le dirà la verità e la lascerà.
Tutto sbagliato. Elsa torna da Berlino con una cartolina per il marito, c'ha scritto solo due parole: sono incinta. Eccolo il figlio chiesto da Timoteo solo qualche tempo prima, è arrivato adesso che non lo vuole, adesso che vuole Italia, il figlio con Italia. È un uomo sposato e di buon senso in fondo e sa che non può lasciare la famiglia così, per quella donna trasandata che va in giro storta con la borsetta pathwork tra le ginocchia. Non può. Tace. Tace anche con Italia sul futuro che le aveva promesso: semplicemente non ci sarà. Italia decide che non ci sarà nemmeno il loro bambino nel mondo e si fa praticare un aborto dagli zingari. Timoteo mette un punto alla loro relazione. Torna a essere un padre di famiglia con una sola moglie, oggettivamente bellissima, e una bimba in arrivo. Sarà Angela. Sta vicino alla moglie fino alla sua nascita, poi sente di nuovo quella sensazione di vuoto, di mancanza di qualcosa. Torna da Italia, che si è tagliata i capelli e sta per lasciare la città. Torna a casa, giù al Sud. Sua figlia è appena nata e Timoteo non ci pensa su due volte a imboccare l'autostrada e andare via con il suo amore. Quel viaggio è il più bello della sua vita. Tiene la mano sulla coscia nuda di Italia e vede già la loro vita insieme, deve raccontare a Elsa di loro due. Lo farà, stavolta lo farà davvero.
Invece quello sarà l'ultimo viaggio di Italia, ma come lei gli aveva predetto leggendogli la mano, lui sopravviverà. Sarà Angela a riempire quel vuoto, a ridargli pian pianino la vita.
Angela che adesso ha quindici anni, un motorino, un casco che ha promesso di allacciare sempre, ma che stamattina non ha allacciato. Angela che è caduta dallo scooter per la pioggia. Angela che ha un trauma cranico. Angela che rischia di morire.
Timoteo nella sala d'aspetto le racconta di quella donna che lei non ha conosciuto, ma che lui ha tanto amato in un passato ormai lontano, augurandosi che gliela lasci ancora, sua figlia.
Mi è piaciuto il libro, meno di quello che speravo, ma mi è piaciuto, nonostante il protagonista mi sia sembrato uno stronzo di proporzioni cosmiche. Un uomo che nel giorno in cui diventa padre scappa con un'altra donna non può essere considerato in un altro modo. Non mi interessa della sua sofferenza di orfano a oltre quarant'anni, non mi interessa del vuoto interiore, delle sue segrete sofferenze. Niente giustifica un tale comportamento, non ai miei occhi. Se venissi a conoscenza di un Timoteo della porta accanto certo non direi belle cose di lui, tutt'altro. Non sono indulgente, certi comportamenti non so perdonarli. Insomma, questo medico affermato non ha goduto mai della mia simpatia, nemmeno la moglie a dir la verità. Forse nemmeno Italia, tanto appariscente nei colori degli abiti quanto inconsistente nel carattere. Certo è una donna che non ha una vita facile, è povera, vive da sola in un posto orribile, da bambina ha subito violenze dal padre. Lei ce l'ha la mia comprensione, a differenza di Timoteo.
Non mi hanno esaltata i personaggi dunque, ma la Mazzantini ha uno stile che mi piace, cosa che tampona mancanze che ad altri non perdonerei. Spesso è cruda, molto realistica nelle descrizioni, perfino volgare. A volte ho la sensazione che scriva da uomo, ma non lo dico in senso dispregiativo, anzi. Io preferisco la concretezza di un discorso che capisco immediatamente piuttosto che lunghissimi periodi pieni di zucchero e cuoricini. Credo che sia impossibile che un suo libro mi faccia schifo per il semplice fatto che mi piace la sua scrittura, solo a tratti la trovo un po' troppo ricercata, ma tendenzialmente mi piace. Con Venuto al mondo l'ho adorata, Non ti muovere non mi è piaciuto nello stesso modo. Entrambi comunque sono accomunati dalla narrazione di una maternità difficile. Evidentemente alla Mazzantini piace raccontare le storie che portano alla nascita di un figlio e, ringraziando il cielo (per i miei gusti), le sue storie non sono mai prevedibili e lisce come l'olio.