Ho appena iniziato “Amore e morte degli animali” di Vitus B. Droescher, e subito mi son trovata a sfatare una mia convinzione: non tutti muoiono.
Gli esseri unicellulari che si riproducono per scissione non muoiono di vecchiaia. Ovvio, ma non ci avevo mai pensato. Ad esempio le amebe si riproducono in milioni di esemplari tutti geneticamente identici alla cellula madre, e nell’albero genealogico di un’ameba non ci sono cadaveri…
La morte per vecchiaia è subentrata con gli organismi pluricellulari (che iniziano a morire quando smettono di crescere, come le sequoie e le tartarughe giganti…).
Gli esseri pluricellulari sopravvivono se si riproducono. Ma si possono riprodurre se già esistono… allora come si è passati dall’organismo unicellulare al pluricellulare?
“Caso”.
Non solo. All’inizio, miliardi di anni fa, essendoci solo organismi unicellulari, non c’erano né maschi né femmine. Distinzione inutile. Che però è diventata utile, alla fine, perché alcuni miglioramenti presenti in certi individui, con la riproduzione sessuata, sono più rapidi nel diffondersi (immaginate quanto tempo ci vuole perché un’ameba “migliore” si imponga solo per scissione cellulare).
Ah. Ultima cosa:
“Non è per niente vero che il bambino erediti metà delle sue ‘doti’ dalla madre e l’altra metà dal padre, come spesso si sente dire. La quota materna è di gran lunga prevalente”.
Così, volevo solo puntualizzare…