“Non un romanzo erotico” è un romanzo breve di Silvia Pillin edito da Delos Digitals, e che mi aveva incuriosito fin dalla sua uscita. Conosco la Pillin e l’ho sempre reputata una scrittrice in gamba ma per un motivo o per un altro non ero mai riuscita a leggere questa storia. Finalmente l’ho fatto e devo dire che l’ho trovata molto carina, con una ironia effervescente che prende i soliti cliché del chick-lit e li ripropone in una chiave fresca e molto interessante.
Che fare
quando i romanzi erotici che traduci per lavoro non fanno che ricordarti che
non hai una vita sessuale? Puoi chiuderti in casa o lasciarti curare da baci
che sono meglio di cerotti… ex fidanzato permettendo! Ester è una traduttrice
di romanzi erotici, invaghita da sempre del caporedattore. La sua vita sessuale
non potrebbe essere più diversa da quella dei protagonisti dei libri che
traduce: è appena stata lasciata dal fidanzato fedifrago e ha l'impressione che
là sotto qualcosa abbia smesso di funzionare. Certo, le piacerebbe provarci con
il caporedattore, ma la sua vita è andata a rotoli. Per fortuna la sorella
Adele la aiuta a sistemare il monolocale minuscolo in cui si è trasferita, a
dare una svolta al suo look da sciattona e a ritrovare un po’ di
autostima. E anche se lasciarsi alle spalle una lunga storia non è facile,
Ester proverà a curare le ferite tornando a fidarsi di sé e dell'amore.
Credo che uno dei problemi più grandi che dobbiamo affrontare ogni giorno siano le aspettative, quelle che abbiamo nei confronti della vita e quelle che gli altri hanno su di noi. Nonostante ci ripetiamo che le cose dobbiamo realizzarle per noi stessi, senza prestare al giudizio altrui, pure ci ritroviamo a correre su un binario che attraversa anche i pregiudizi e le opinioni degli altri. Del resto trovare il proprio equilibrio è difficile, soprattutto con un lavoro precario e una storia fallita alle spalle. Ester è una di quelle donne che si lascia andare, che nonostante i suoi talenti si nasconde dietro abiti sciatti, il pigiama infeltrito e la pigrizia di un lavoro sedentario. Neanche con la cotta storica riesce ad essere propositiva, finendo in un flirt platonico che si consuma tra le mail di una corrispondenza lavorativa. Ester ha bisogno di uno stimolo esterno che la convinca a prendere in mano le redini della sua esistenza. Anche se vive in un monolocale grande quanto una scatola di sardine può e deve ambire a qualcosa di più, piegandosi alla logica del buonsenso. Lo stimolo arriva dalla sorella che le piomba in casa con il suo ottimismo, il suo pragmatismo e la sua voglia di cambiamento, con la serenità che arriva dal sentirsi a proprio agio nella propria pelle. Se Ester è insicura e apprensiva, Adele è spensierata e estroversa, con la battuta pronta e quelle armi, tipicamente femminili, per conquistare il mondo. D’altra parte Ester deve conquistare prima il suo mondo interiore poi l’uomo che le piace. In un percorso troppo breve per essere davvero d’intrattenimento la Pillin ci conduce in un mondo tristemente noto, quello delle donne che cercano di sopravvivere con miseri stipendi, in una jungla, quella della città che rischia di fagocitarle se non cacciano fuori le unghie e si armano di un po’ di sana malizia.
La forza di questo racconto è il sottile gioco di capovolgimento di ogni categoria propria della romance, quei prototipi che ormai vengono a noia, ridendo sia delle scene erotiche, che delle disavventure della protagonista, dal restyling al ciclo, ogni aspetto viene analizzato al microscopio con uno stile fluido e ineccepibile, che scorre via con la rapidità di un fulmine.
L’ambientazione è quasi del tutto confinata nel monolocale di Ester e negli uffici della casa editrice in cui lavora, in cui assistiamo ai drammi di questa traduttrice improvvisata.