Nonni agrigentini ricchi ma nipoti senza futuro

Creato il 09 ottobre 2013 da Comunalimenfi

Dossier. La provincia di Agrigento vanta depositi bancari per 4 mln e mezzo ma, di contro, il denaro non circola sul territorio.
Il dato è emerso in un convegno organizzato da una rivista di letteratura e teologia.

La provincia di Agrigento ha depositi bancari per un importo di 4 miliardi e 500 milioni di euro. Alcuni ritengono che la somma sia addirittura maggiore.

Di essa, soltanto 1 miliardo e 200 milioni ritorna al territorio; l’altra, 3 miliardi e 300 milioni è trasferita altrove. Questo è quanto è emerso nel corso di due convegni dibattito che si sono svolti nella sede del Consiglio Comunale di Agrigento, cui hanno partecipato le categorie interessate, come la Confartigianato, i sindacati Cgil, Cisl e Uil, nonchè figure rappresentative della magistratura e delle banche cooperative.

L’iniziativa è stata della rivista di Letteratura e Teologia Oltre il muro la quale ha voluto approfondire perchè in un periodo di esodo dalla nostra terra, agli inizi degli anni ‘90 – come venne denunciato all’epoca dall’allora arcivescovo Carmelo Ferraro – in un periodo di esodo per mancanza di lavoro vennero aperti 65 nuovi sportelli bancari nella nostra provincia, il che ha portato al trasferimento di numerosi capitali finanziari fuori dal nostro territorio.
Dai due incontri sono emersi dati impressionanti che spiegano il motivo per cui in vent’anni 60 mila agrigentini, cioè il 20 per cento della popolazione, siano andati via.

«Non è che in provincia non ci sia stata e non ci sia richiesta di credito di denaro – spiega il giornalista e scrittore agrigentino Enzo Di Natali – ma gli istituti di credito non hanno favorito la circolazione della moneta, la quale, a differenza, delle altre regioni d’Italia, soprattutto del Nord, ha un costo superiore, dovuto al fatto che il prestito, in Sicilia, e nel Sud, è esposto a maggiori rischi d’insolvenza».
- Perchè?
«E’ un rischio favorito dalla politica creditizia bancaria che non ha facilitato l’accesso al credito e la circolazione della moneta; l’aumento del costo del denaro ha causato direttamente il raffreddamento della circolazione; il raffreddamento della circolazione ha aumentato il rischio; il rischio ha fatto aumentare il costo del denaro.
Insomma siamo dinanzi ad un circolo vizioso che come un cappio al collo lentamente sta uccidendo, per assenza di ossigeno, l’economia: il commercio, l’artigianato, l’agricoltura, favorendo lo svuotamento dei Comuni, tanto che nei prossimi vent’anni numerosi Comuni minori: Sant’Angelo Muxaro, Santa Elisabetta, San Biagio, Camastra…. sono destinati a scomparire totalmente.

La popolazione ormai si è ridotta al lumicino ed è prevalentemente costituita da anziani.
In un Comune è stata formata una sola prima elementare di appena sei alunni!

La contraddizione sta nel fatto che le popolazioni agrigentine sono ricche: 4 miliardi e 500 milioni di euro è una bella somma! Gli agrigentini – ma anche gli abitanti delle altre province siciliane – sono ricchi nei depositi, ma poveri in canna nella circolazione. Nonni ricchi e nipoti senza futuro! Il passato ricco e il futuro povero! Questo lo diciamo senza alcuna pregiudiziale nei confronti dei nuovi istituti di credito calati dal Nord. La Sicilia non ha mai avuto un sentimento secessionista. Il problema è ben altro.

E’ arrivato il momento di dire basta ad una politica di saccheggio dei grandi colossi finanziari. Bisogna cambiare radicalmente tendenza. Occorre una politica del credito che faciliti la crescita del territorio sulla linea di un’economia solidale che metta al primo posto la dignità della persona umana e non il profitto come hanno infelicemente operato le grandi holding finanziarie in questi vent’anni, che hanno derubato il futuro ai giovani».


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