Gli infermieri avevano lanciato l'allarme perchè una paziente appena operata aveva varie perdite di sangue. La segnalazione al medico di guardia era avvenuta dapprima telefonicamente, poi di persona mentre la dottoressa era alla macchinetta del caffè. Cionostante, quest'ultima aveva ritenuto di rinviare la visita della paziente al mattino dopo.
La Cassazione precisa che "in tema di rifiuto di atti d'ufficio... la sollecitazione esterna, alla quale può seguire il diniego, non deve essere necessariamente formulata come ordine o domanda o qualsiasi altro esplicito interpello, ma può concretarsi negli stessi fatti oggettivi posti all'attenzione del soggetto".
Pertanto, è responsabile penalmente il medico che ignora le segnalazioni allarmate dei paramedici e rimanda la visita del paziente operato al mattino dopo , "non potendosi risolvere in esercizio di discrezionalità tecnica la condotta dell'agente non sorretta da una minima ragionevolezza rispetto al contesto e ai protocolli professionali per esso richiamabili".
In poche parole, l'imputata non può invocare l'esimente della discrezionalità tecnica allo scopo di sottrarsi alla responsabilità penale, laddove manchi il buon senso alla luce della situazione concreta e dei protocolli medici alla medesima collegati.
Nel corso del giudizio, infatti, il C.T.U. ha confermato che, nell'ipotesi in cui in un paziente sottoposto ad intervento di canalizzazione si verifichi un primo sanguinamento cui ne seguano altri, il medico deve almeno effettuare una visita.
Per questi motivi, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell'imputata, confermando la condanna per il reato di rifiuto di atti d'ufficio.
Roma, 2 ottobre 2011 Avv. Daniela Conte
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